Un panettone che è la fine del mondo – Sara Quero




Era da tanto tempo che la fabbrica di panettoni Galup stava perdendo il suo prestigio e i suoi dolci venivano sempre venduti a pochi spiccioli per liberare i magazzini. La gente era sicura che avrebbe chiuso i battenti da un momento all’altro e già le pettegole della città dicevano a tutti che, i figli del fondatore, erano dei buoni a nulla, incapaci di mandare avanti gli affari della famiglia.
Nonostante questi infausti pronostici, agli inizi di dicembre, dalle locandine sui muri agli articoli sui giornali riguardanti Pinerolo, veniva riportato lo slogan “Galup classico nuova ricetta: un panettone che è la fine del mondo” e si ricordava che il 21 dicembre 2012, data che, secondo gli antichi Maya, segnava davvero la fine del mondo, ci sarebbe stata l’inaugurazione di questo dolce nel negozio della ditta, con un assaggio gratuito per tutti.
Incuriositi, i pinerolesi non avevano resistito alla tentazione di mettere i piedi alla Galup ed
assaggiare il nuovo panettone, anche se la maggior parte di loro era scettica sul fatto di gustare qualcosa di veramente nuovo.
Nel negozio, tutto arredato a festa e risuonante di canzoni natalizie, le commesse erano pronte a servire fette di fragrante panettone, con la glassa di zucchero molto spessa e l’impasto profumatissimo.
Francesco Galup, l’unico dei fratelli proprietari della fabbrica che non si era arreso e aveva cercato ogni rimedio per rimettere in piedi l’azienda, stava a guardare da dietro una porta a vetri. Aveva inventato lui il nuovo aroma artificiale per fare quella ricetta. Quando era stato fatto un panettone di prova, tutti i suoi collaboratori erano impazziti per la bontà del loro assaggio, tanto da iniziare a picchiarsi per poter prendere le briciole cadute sul vassoio.
Lui, per cautela, si era trattenuto dall’assaggiarlo, rimanendo l’unico con un po’ di lucidità.
“Signori un po’ di contegno!” li aveva sgridati con la voce grossa.
Da quel giorno, la produzione dell’intera fabbrica si concentrò sulla nuova ricetta.
Il giorno dell’inaugurazione, il negozio si era dunque riempito di gente e le commesse avevano iniziato a distribuire gli assaggi, con il sorriso stampato sulla faccia. Francesco contò lentamente fino a tre, il tempo necessario perché i sensi delle persone fossero invasi dalla bontà del panettone e il loro crescente desiderio di averne dell’altro li facesse impazzire.
Le commesse si nascosero prontamente sotto ai tavoli mentre i clienti iniziarono a saccheggiare il negozio e a strattonarsi l’un l’altro per rubarsi di mano le confezioni. Qualcuno si picchiò, con la faccia trasformata dalla ferocia e gli occhi stralunati.
Il risultato finale fu quello di avere il negozio completamente vuoto e la cassa straripante di soldi.
Il nuovo panettone aveva fatto notizia e i giornali ne tessevano le lodi nei loro articoli in prima pagina. Purtroppo, mentre i clienti dentro al negozio acquistavano, quelli rimasti senza soldi attendevano fuori coloro che uscivano con la loro pila di panettoni, aggredendoli a colpi di randelli, o ferendoli coi coltelli. Il giovane industriale guardava dalla finestra la strada macchiata di sangue, i poliziotti che cercavano di intervenire ma venivano presi a bastonate a loro volta.
“Forse dovremmo arrestare la produzione per un po’” diceva il segretario a Francesco, “Se la gente continua così, ci sarà un massacro ogni giorno”.
“Sì forse è meglio riprendere la produzione dopo il Natale” concluse.
Aveva fatto tanto per rimettere in sesto la fabbrica e ora la sua fama si stava macchiando di sangue. Non poteva compromettere la sua reputazione in questa maniera.
Era la viglia di Natale e lui se ne tornò a casa per riposare un po’. Sdraiato sul divano, con la mente tornò indietro fino al giorno in cui aveva creato la formula per quell’aroma tanto particolare. Ci stava lavorando da mesi e mesi ormai, chiuso in laboratorio, quando una sera, tornando a casa a piedi, attraversando un vicolo rimasto al buio per via del fatto che ben tre lampioni si erano bruciati, si era trovato ad incrociare il passo con un uomo il cui viso era celato dall’oscurità del cappello.
Poteva essere un malintenzionato, invece quell’uomo si era fermato soltanto davanti a lui ed aveva iniziato a parlargli amichevolmente.
“Stai facendo un gran bel lavoro, Francesco, ma ti manca il componente principale per completare la tua opera” gli aveva detto, mettendogli in mano una pietra di colore rosa, “Ne basta una briciola per ogni impasto”.
“Di che cosa si tratta?” aveva domandato Francesco, ma il misterioso viandante era già scomparso.
Nei giorni successivi l’aveva studiata a fondo, scoprendo con stupore che una delle sue componenti era una sostanza aliena, non identificabile con gli elementi terrestri. Per questo aveva rifilato il panettone di prova ai suoi collaboratori, per evitare di intossicarsi da solo.
Si alzò dal divano, deciso ad aprire l’unica confezione che si era portato a casa ed assaggiare questo panettone. Voleva capire come mai la gente impazziva così tanto quando la mangiava. Ne prese un morso e masticò lentamente. Il panettone era buonissimo, l’impasto si scioglieva in bocca ed il sapore faceva fare un salto di gioia alle papille gustative, che trasmettevano l’impulso direttamente al cervello, il quale produceva un senso di estasi che si espandeva in tutto il corpo.
Sentì ogni terminazione nervosa formicolare e dargli un senso di eccitazione, prese il panettone intero tra le mani e lo divorò a morsi, poi decise di andare alla fabbrica per procurarsene altri. Visto che le stagere erano tutte vuote, avviò i macchinari e, nella follia del momento, pensò di essere in grado di stare dietro alla produzione tutto da solo.
Si sbagliava…
Il giorno successivo, la sua famiglia ricevette in dono un panettone, consegnato da un uomo misterioso con il cappello intesta, che gli faceva molta ombra sul viso. Con orrore, quando tagliarono il dolce, scoprirono che invece dei canditi cerano i brandelli del corpo di Francesco.


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