Intervista – Andrea Rossetti scrittore di “Ematofagia”




Lo scrittore Andrea Rossetti
Letteratura Horror ha intervistato per voi Andrea Rossetti, autore del racconto lungo Ematofagia edito da Haiku Edizioni. Leggi qui la recensione

D) Ematofagia: un Dracula-Frankenstine. Sei d’accordo con questa affermazione?
R) Credo che a grandi linee si tratti di un parallelismo corretto, anche se non mi ero posto sin dall’inizio l’obiettivo di creare una sorta di ibrido che avesse un po’ dell’uno ed un po’ dell’altro, è tuttavia una caratteristica emersa man mano con la stesura. Immagino sia dovuto a due fattori, il primo immediatamente riconducibile alle influenze dirette di Stoker e Shelley per via della cinematografia e della letteratura a cui mi sono ispirato, mentre il secondo deriva proprio dalla natura stessa dell’uomo: l’istinto di sopravvivenza, il fatto di non accettare la morte come la fine dell’essere, prendendola invece come una sfida, o un semplice stato di transito.

La volontà di batterla, per così dire, di andare oltre. Che si tratti di riportare in vita dei cadaveri o di conquistare l’immortalità, il fine (lasciando perdere per un attimo tutte le relative implicazioni secondarie, che rendono unica ogni opera) è sempre lo stesso. Credo che anche tra mille anni, semmai il genere umano dovesse stappare lo spumante per il 3000, le generazioni future avranno i loro Dracula, i loro Frankenstein e via discorrendo. Quello strano istinto che porta a voler trascendere la morte è genetico, lo avevamo ieri, lo avremo domani. Per questo quei lavori rimarranno sempre dei classici intramontabili.
Quanto ad Ematofagia relazionato alle opere di Stoker e Shelley nello specifico, mi allettava l’idea di creare un vampiro, ma allo stesso tempo sapevo che il Dracula di Stoker era inarrivabile, almeno secondo il mio punto di vista. Non avrebbe avuto senso scimmiottarlo, volevo qualcosa di unico, di mio. Di originale, diciamo così. Ritengo ne sia uscito un buon racconto, ispirato da forze motrici molto simili a quelle che hanno permesso la nascita di due classici meravigliosi come sono appunto Dracula e Frankenstein.

D) Da dove è nata l’idea di questo racconto?
R) Da dove sia nata di preciso in questo momento non lo ricordo, ma si può dire che sia stata una miscela di idee e stati d’animo che ha preso forma con l’impulso a scrivere. Per me la scrittura è un misto fra vocazione e valvola di sfogo, ed il bilanciamento fra le due cose varia da opera ad opera; alcune volte mi sento talmente pieno di emozioni da avvertire il bisogno di tradurle in un racconto, altre invece ho semplicemente un’idea in testa che mi sembra valida, e allora se posso inizio a scrivere, e quel che ho dentro esce da sé riga dopo riga. Quando scrissi Ematofagia stavo attraversando un periodo in cui il dualismo tra angoscia e liberazione era il sentimento predominante, così quando trovai il bando del concorso indetto dalla Edizioni Haiku mi misi al pc, pagina vuota, e la prima immagine che mi venne in mente fu quella di un uomo in catene, lacerato nelle carni e nell’animo. Rilessi quel paio di righe e pensai “ok, ora vediamo cosa ne esce”. E non sapevo davvero cosa ne sarebbe venuto fuori, quale genere di creatura stessi per dare alla luce. Nel mio intimo sono una persona molto istintiva ed iperemotiva e, nel bene e nel male, anche il mio modo di scrivere ne risente.

D) Chi è Louise Lefevre?
R) Una domanda difficile, anche perché tendo ad essere prolisso, si sarà notato. Si può dire che Louise Lefevre sia una persona come tante, ma che a differenza di tante è stata costretta dalle circostanze a fare i conti con sfaccettature dell’animo umano che spesso rimangono latenti, anche nel corso di una vita intera. E’ insieme una vittima ed un carnefice, uno spirito vendicativo pieno d’odio, ma anche d’amore e compassione. E’ il risultato di ciò che accade quando avviene l’irreparabile, quando una persona, nel corso della sua esistenza, oltrepassa una linea che non può essere attraversata a ritroso. In natura esistono processi reversibili e non, e Louise è un uomo che, suo malgrado, ha subito un processo irreversibile fortemente invasivo, e si è trovato a far fronte ad una situazione dalla quale non sapeva come uscire, perché l’uscita buona, quella sempre tanto agognata del lieto fine, era scomparsa e non sarebbe tornata. Ha dovuto adattarsi per salvare il salvabile, e cercare un barlume di pace nella sua dannazione.
Molto spesso persone che compiono azioni malvagie sono giudicate come malvagie anch’esse, ed altre che si dimostrano compassionevoli vengono etichettate come tali, e questa semplificazione mi irrita abbastanza. Ritengo che l’essere umano sia capace di atti di indicibile crudeltà così come di provare pietà e benevolenza, qualsiasi essere umano, senza eccezioni. Noi siamo predisposti ad essere i nostri mostri, i nostri angeli, i nostri demoni, e via discorrendo.
In fondo si tratta sempre della relazione fra fattore genetico e fattore ambientale, c’è chi è più votato ad una condotta più violenta, e chi invece è più pacifico, ma cosa fare, come farlo e fino a che punto spingersi siamo noi a deciderlo. E’ una questione di scelte. Mi prendo la libertà di proporre un piccolo esercizio a chiunque leggerà queste righe, per spiegare meglio il concetto: prendete la cosa più brutta che abbiate mai fatto, la più terribile fra tutte. Poi quella migliore, la più buona. Una nella mano sinistra, una nella destra, ed osservatele attentamente. Siete mostri, santi o semplicemente esseri umani?
Louise Levefre lo vedo come un essere umano che, trovatosi in una situazione estrema, ha saputo riflettere sulle possibilità che gli erano rimaste in relazione a quelli che erano i suoi desideri, a prescindere da chi fosse o da cosa avesse fatto fino a quel momento. E credo che alla fine abbia fatto una buona scelta. Che poi possa venir visto come un eroe, un mostro, una vittima, un povero disgraziato eccetera, sarà chi leggerà la sua storia, di volta in volta, a deciderlo per sé.

D) Leggendo Ematofagia la prima cosa che viene in mente è forse è vero la scienza si sta spingendo troppo oltre, cosa ne pensi?
Per affermare che la scienza si stia spingendo oltre, bisognerebbe prima stabilire un confine. La parola “oltre” vola troppo, come disse Gaber dell’amore. Voglio dire, è semplicemente una questione morale, e la morale varia da individuo ad individuo, non si tratta di un paradigma universale. Va da sé che sotto questo aspetto, così come anche per gran parte di ciò che è dibattuto a mio parere, non abbiano ragione di esistere concetti come “torto” o “ragione”, ma semplicemente idee divergenti. Io nel mio piccolo sono una persona estremamente curiosa, e credo che i benefici portati dal progresso scientifico siano innegabili, ma al contempo credo anche con assoluta fermezza che la nostra sete di sapere ci porterà all’estinzione. La fisica non è altro che lo studio dei fenomeni naturali, niente di volutamente dannoso di per sé, sono piuttosto la tendenza umana alla sopraffazione, alla ricerca del profitto, il delirio di onnipotenza che germina in tutti noi, chi più chi meno, a renderla uno strumento di distruzione anziché di costruzione, di osservazione, di scoperta. La Storia è un’ottima maestra, può sembrare una banalità, ma fra tutti i folli che hanno avuto la possibilità di premere un pulsante, mi sembra molto improbabile che nessuno prima o poi finisca col farlo sul serio. Ma anche allora non biasimerei la scienza, bensì il nostro “lato degenerato”.
Per fare un esempio meno catastrofico della mezzanotte nucleare, basterebbe documentarsi un attimo sul salmone-Frankenstein, tanto per stare in tema di horror. Il fatto che sia stato immediatamente approvato dalla FDA non è una sorpresa, quanto piuttosto solo una triste conferma.
Negare il sapere all’umanità per paura che lo utilizzi in maniera impropria sarebbe degradante e frustrante, può essere equiparato al togliere un coltello dalle mani di un bambino per impedire che si ferisca da solo. Ma in fin dei conti è proprio di questo che si tratta. Si usa dire che una persona può essere intelligente ed acuta, ma che la gente sia sempre stupida e volubile, e quando si parla per grandi numeri è una cosa di cui tenere conto. Rimane comunque ironico che la forma di vita più intelligente sul nostro pianeta sia anche quella che presenta il più alto e perverso grado di comportamenti autodistruttivi. Philip K. Dick scrisse un racconto, The Golden Man, che suggeriva che lo sviluppo dell’intelligenza sia stato, evoluzionisticamente parlando, un fallimento. Tanto più se rapportata ad esseri biologici governati dall’irrazionalità, aggiungerei io. La Storia potrebbe davvero finire col dargli ragione.

D) Raccontaci un po’ di te e dei tuoi lavori editoriali soprattutto di quelli horror
R) Non c’è molto da dire in realtà, sono ancora agli inizi, in quella fase in cui la speranza di un prosieguo su questa strada è più un miraggio che una possibilità concreta. Un po’ perché sono decisamente troppo pigro, e perché ho bisogno di una serie di circostanze ambientali favorevoli per poter scrivere e pensare in maniera decente, ed un po’ perché non è un percorso facile, e le opportunità di farsi conoscere ed apprezzare in questo campo non sono molte. Ho un’enorme passione per l’horror, trovo sia una maniera divertentissima per esplorare pregi e difetti degli esseri umani, perché apre a tematiche che molto spesso sono trattate poco o niente da altri generi, ne legittima l’esasperazione, permette la creazione di situazioni meravigliose che non sono semplicemente creature malefiche, arti mozzati e scene splatter a fare da coreografia, ma innanzitutto storie da raccontare. Non è semplicemente il terrore in sé ad affascinarmi, il “prodotto finito”, quanto piuttosto la sua natura, come possa essere manipolato in maniera anche goffa ed ironica, perché no, per mettere sotto una luce diversa questioni con cui le persone si confrontano normalmente ogni giorno. Non mi ritengo comunque uno scrittore puramente horror, mi piace attingere da diverse correnti, sperimentare se vogliamo, giocare con i concetti vestendoli, di volta in volta, nella maniera che ritengo più appropriata. Ad ogni modo il genere horror rimane forse quello che caratterizza in maniera più forte i miei scritti, sia perché sono spesso cupi e tristi, e si adatta bene a questi stati d’animo, sia perché trovo molto divertente ed incentivante scrivere qualsiasi cosa in chiave horror, o comunque surreale. Per la stessa ragione ho una passione anche per il fantasy e per la fantascienza. Un esempio di questo può essere “Zombie’s attack”, un racconto pseudo-horror molto breve che scrissi per il compleanno di una mia amica, la quale mi chiese di scriverle una storia d’amore. Il titolo è fuorviante, deriva da una battuta venuta fuori nel corso di quella conversazione, ma ho deciso di mantenerlo comunque. Un unico appunto a riguardo: l’apostrofo non è un errore di battitura…ma questo basta e avanza come spoiler per i miei gusti, a chiunque sarà curioso di leggerlo basterà chiedermelo.

D) Come ti sei avvicinato all’horror?
R) Guardando IT di Stephen King, avevo sette o otto anni, ma adoravo già il genere nonostante l’età. Fino a quel momento avevo letto diversi libri della collana “Piccoli Brividi”, dal momento che andavo spesso e volentieri nella biblioteca scolastica a sgraffignare quel che potevo, ma mi avevano sempre dato la sensazione di colpi sparati a salve. Mi piacevano, ma non mi entusiasmavano. Dopo aver visto la trasposizione cinematografia del lavoro di King, mi apparve tutto molto più chiaro. Si può dire che sia stato il mio primo amore, e da lì in poi sono sempre rimasto un grande appassionato della letteratura horror.

D) Quali sono i tuoi progetti nel cassetto?
R) Un’altra domanda veramente difficile, al momento verso in un tale stato di confusione mentale che potrei rispondere in mille maniere diverse, e probabilmente sarebbero tutte risposte valide e sincere. Oltretutto come ho già detto, non sono per nulla bravo a fare progetti, ho sempre vissuto molto alla giornata. Diciamo che i due target definibili come prioritari sono il raggiungere l’indipendenza economica, ed il risolvere qualche problema di salute, nulla di grave comunque. Oltre a cercare di scrivere il più possibile, ma solo per cose che credo valgano la pena di essere scritte, ovviamente.
A tal proposito ho in mente anche la stesura di un romanzo, ancora in gran parte da definire, ma tempo al tempo, non voglio scrivere qualcosa di cui poi mi debba vergognare. Ne ho ancora tanta di strada da fare per riuscire a diventare bravo quanto vorrei.

D) …e i tuoi sogni?
R) Continuare a scrivere e riuscire a raccoglierne i frutti in maniera concreta, riuscire a realizzarmi in quest’ambito insomma. Per come la vedo io è il lavoro più bello che esista, guadagnarmi da vivere solo scrivendo sarebbe davvero un sogno, ovviamente la speranza è che non rimanga tale. Poi ce ne sono alcuni altri, ma non ho ancora ben capito se siano sogni, o incubi oppure allucinazioni, quindi mi riservo di non desiderarli troppo, almeno fino a quando la nebbia non si sarà diradata.

D) Qual’è il miglior libro horror che tu abbiamo mai letto?
R) Ce ne sono davvero troppi per poter stilare una classifica definitiva, ho letto dei libri horror fantastici e spero di leggerne ancora molti, molti altri. Sotto questo punto di vista, sceglierne “uno su tutti” sarebbe fare un torto agli altri. Diciamo che ce ne sono molti che mi hanno trasmesso sensazioni ed emozioni differenti, ma dovendo menzionarne uno in particolare dico “I racconti del Necronomicon”. Premio Lovecraft perché è stato un po’ il padre di molti grandi autori moderni, perché ha saputo estrapolare da una fisica moderna ancora agli albori numerosi concetti forti ed innovativi, rielaborandoli in chiave horror con un’efficacia disarmante, e perché le sue opere hanno una potenza esplicativa assolutamente fantastica, dovuta alle sue idee ed al suo meraviglioso stile di scrittura, fattori che rendono il tutto molto simile alla perfezione. Potrei leggerli e rileggerli per anni, e non sposterei una sola virgola. Un po’ come le opere di Mozart.

D) …e il peggiore?
Mi è capitato di leggere libri horror che m’hanno lasciato un po’ l’amaro in bocca, o che comunque non mi hanno trasmesso nulla di particolare. I titoli non li ricordo, anche perché spesso tendo a dimenticare quel che non mi interessa.
Certo potrei citarne un paio, tra pseudo-horror e fantasy dei quali ho letto alcuni estratti, che mi hanno lasciato a dir poco perplesso, per usare un enorme eufemismo. Ma non ho avuto il coraggio di proseguire le suddette letture fino alla fine, come ho già detto sono iperemotivo, e la consapevolezza che vengano spacciati con successo a 15-20 euro a botta non mi ha proprio concesso di continuare…

D) Vuoi dire qualcosa ai lettori di Letteratura Horror?
R) Innanzitutto li ringrazio per essere dei lettori, viviamo in un’epoca in cui in televisione trasmettono idiozie ventiquattr’ore al giorno su centinaia di canali, e l’attrattiva generata da console e giochi online, specie MMORPG (parla un fan del genere, lo ammetto) offre momenti di svago molto più semplici ed immediati rispetto ad un libro, non è semplice trovare molte persone che si dedichino ancora con passione alla lettura. Quando scrivo non lo faccio unicamente per me stesso, ma per regalare ad altri un’emozione, un sorriso, un brivido o una lacrima, o tutto questo insieme e anche di più se mi riesce d’essere bravo a sufficienza. E come me, credo che chiunque scriva lo faccia per avere un feedback, positivo o negativo che sia, per dare e ricevere. Fa parte del gioco. Senza lettori quello che faccio io, che fa chiunque altro condivida con me la passione per la scrittura, non avrebbe alcun senso. Non si tratta di ruffianate, ma di un puro e semplice dato di fatto, personalmente più vedo o sento gente che ha passato una buona mezz’ora leggendo quel che scrivo, e più mi viene voglia di continuare. E per questo vi ringrazio.
Vorrei dirvi di continuare a leggere, di coltivare le vostre passioni, ma non me la sento di approfittare di questo spazio per dispensare consigli-banalità a buon mercato, queste sono scelte che spettano a voi. Pertanto vi dico solamente che, se vorrete continuare a leggere i frutti del mio travagliato ingegno, continuerò a spremermi le meningi come e più di prima, sperando di non farne marmellata. Anche se in effetti sarebbe perfettamente in tema con il contesto.
E che, da oggi, Letteratura Horror avrà un lettore in più. Integrità meningea permettendo, s’intende.

 

SCHEDA DEL LIBRO

Nome: Ematofagia
Autore: Andrea Rossetti
Editore: Edizioni Haiku
Collana: Blues
Pagine: 73
Formato: eBook
Prezzo: 2,5 €
Dove Acquistarlo: clicca qui



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