Una tazza di té per Natale – Marco Giannino
«Tic toc, tic toc, tic toc…»
Lo sento arrivare dall’altra stanza mentre emette dei versi, dei ticchettii con quella voce stridula.
Provo a liberarmi, a muovere le braccia per sciogliere i nodi delle corde, ma sono tutti sforzi inutili. Non faccio altro che scorticare i polsi. La sua voce è sempre più vicina.
«Tic toc, tic toc, tic toc…»
Non posso neanche chiedere aiuto perché ho uno straccio ficcato in gola e un bavaglio legato dietro la testa che mi impedisce di sputarlo via. A malapena riesco a respirare dal naso.
«Ah ah ah! Buon Natale!»
Entra nella camera e accende la luce. È vestito da Babbo Natale. mi guardo attorno e vedo i muri bianchi e tante casse di metallo, un obitorio… nella tasca vi sono infilate una rosa, un archetto e una lama.
Appena vedo in controluce la lama affilata, comincio a muovermi. Devo scappare, devo fuggire via prima che questo psicopatico mi ammazzi.
«Su, su , su. Non c’è bisogno di agitarsi così. Oggi è Natale! Non sei contento?»
Scuoto la testa a destra e a sinistra per dire che no, non sono per niente contento! Me ne devo andare di qui, devo scappare. Oddio, Signore fammi uscire vivo da qui. Prometto che sarò più buono, prometto!
«Tic toc, tic toc. E’ tardi, è tardi, è tardi! Su, su, prendi la tazza di tè che è tardi e bisogna aprire i regali!»
Agitandosi e saltando, il pazzo ride guardandomi dritto in faccia. Ha gli occhi spiritati e un sorriso da maniaco sul volto.
«Su, bevi il tuo tè che è tardi!»
Si accovaccia di fronte a me e fissa la sedia alla quale sono legato. Si toglie la giacca rossa. Dal tavolo dietro di lui prende una tazza di tè. Ha delle macchie rosse sui bordi. Quando mi avvicina la tazza mi rendo conto che non è macchiata di rosso, ma che è intriso di sangue.
« Tutti sono morti, nessuno è sopravvissuto. Tutti sono morti, nessuno chiede aiuto»
Oddio Signore, questo è tutto matto. Portami via, fammi uscire da qui, ti prego!
Non riesco a smettere di fissare il sangue che cola dalla tazza che impugna. Una macchia scende copiosa e densa coprendogli i palmi come una ragnatela rossa. Anche le sue labbra sono ormai talmente zuppe da parere scarlatte invece che rosa. Ci sono dei rivoli di sangue che gli scendono anche dai ricci e gli cadono sulle spalle. È come se si fosse immerso in una vasca di sangue.
«Giacché al momento non puoi, bevo io per te. Non ti offendi mica, vero? Vero?!»
Decido di assecondarlo. Faccio di no con la testa mentre lacrime di terrore mi rigano il volto. Ti prego, ti prego, Signore, ti prego fa che non mi uccida. Fammi uscire vivo da qui e farò quello che vuoi. Tutto quello che vuoi.
«Guarda un po’ che c’è in quel pacco. Sai, ho visto che ti piaceva tanto e ti ho fatto una sorpresa!»
Ride sguaiatamente mentre si avvicina a me. Quando lo scarta e apre, vi guardo dentro. Sento la testa girare. Capisco che sto per morire, non c’è modo di sfuggire a uno psicopatico del genere.
« Tutti sono morti, nessuno è sopravvissuto… Ah ah ah! Buon Natale! »
Vi è una rosa rossa, delle carte da poker e… c’è la testa di Ambra. Ambra è, era, la ragazza che amo, la ragazza per la quale avrei fatto qualunque cosa.
«Guarda, sorride! Sorride perché è Natale, perché è morta! Ma che bella micina… hai buon gusto caro!»
Sorride? Chi sorride? Che cosa sorride? Aiuto!
Guardo meglio nella scatola e mi rendo conto di una cosa: la bocca di Ambra sta davvero sorridendo. Lo psicopatico gli ha cucito gli angoli della bocca. E deve averlo fatto prima di tagliargli la testa, a giudicare dal sangue raggrumato ai lati. Povera Ambra! Povero me!
«Allora, ti va un’altra tazza di tè? Sai, potremmo bere mentre suono il violino! Sì, che bella idea, suoniamo!»
Dice strillando e battendo le mani come un bambino. Decido di assecondarlo e faccio di sì con la testa.
«Bene benissimo! Ma non puoi bere il tè con quel tovagliolo sulla bocca, no no. Togliamolo!»
Mi abbassa il bavaglio e mi sfila lo straccio dalla bocca. Posso finalmente parlare, però decido di non farlo comunque. Non vorrei provocarlo proprio ora che si sta accingendo a liberarmi.
«Su, su, beviamo il tè che è tardi e devo andare!»
Con mio sommo orrore prende la testa di Ambra e la sposta sul mio ventre, poi si allontana verso un albero di Natale, lo scarta. Mio Dio… L’albero è fatto con il corpo di Ambra, nudo lì, con delle cuciture su tutto il corpo e un cappello di Natale al posto della testa. Noto che sui polsi ci sono dei tagli, dai quali cola del sangue. Quel pazzo ha bevuto il sangue di Ambra. Mi porge la tazza ricolma color rosso.
«Su su, fai in fretta a bere, che è tardi e devo andare»
Mi rifiuto di bere quella roba, mi rifiuto. Un conato mi sale, sento che sto per vomitare.
Prima che abbia il tempo di trovare una soluzione, però, il pazzo mi afferra per i capelli e mi alza la testa. Preme il bordo della tazzina contro le mie labbra e mi caccia in gola il sangue ancora caldo.
«Manda giù bel bambino, manda giù tutto. E’ buono il tè, vero?»
Piango, sputo, tremo. Non mi pongo più nessun problema a farlo. Non mi vergogno di quelle lacrime di terrore e di schifo. Mi sento talmente sporco ora, violato.
«E ora suoniamo, su forza bel bambino, è il momento di suonare!»
Ma dov’è il violino? Vedo che si avvicina a me con l’archetto in mano. Mi piscio addosso e neanche di questo ho il tempo di provare vergogna.
«Oh ma guarda che hai fatto, sei un bambino cattivo! Cattivo, cattivo bambino!»
Dice guardandomi negli occhi. Con l’archetto mi accarezza le labbra, anche loro ormai rosse. Da esse qualche goccia si sposta sulla corda dell’archetto. Sento come uno stridio in corpo, vorrei urlare, ma a che scopo?
«… saicosa si dice quando un violinista sta per cominciare il concerto?»
Provo un ultima volta a muovere i polsi e le gambe, ma le corde non accennano a cedere. Ormai ho rinunciato persino a pregare.
«Che i rivoli di sangue scivolino nelle vene! Così proverai il piacere della melodia… Buon Natale!»
E l’ultima cosa che sento è la sua risata sguaiata e l’archetto che preme sui miei polsi.