Un tragico Natale – Mirko Ecker
<<Pensi di essere furbo, vero? Sei solo un peccatore che verrà punito dal SIGNORE!>>
<<Voi fanatici religiosi siete tutti uguali, non ho tempo da perdere davanti a un monitor cercando inutilmente di far ragionare chi disconosce la ragione e la logica.>>
<<Convertiti bestemmiatore prima che sia troppo tardi! Il vero Natale è quello Cristiano! Semmai sono i pagani che ci hanno copiato tutto. Cristo è il SALVATORE, e solo lui può decidere della tua vita. Sono certo che perirai tra dolori atroci.>>
<<Questo è l’amore Cristiano vero? Vivi nel tuo mondo di sogni e lasciati cullare quanto vuoi. Il risveglio per te sarà traumatico. Hai seri problemi mentali. Saluti.>>
<<Non parlare di amore Cristiano, non ne sei degno lurido verme! >> scrisse Isaac, urlando. Era il 23 dicembre, ma la maglietta madida di sudore appariva come in netto contrasto con il freddo invernale tipico del periodo. L’espressione corrucciata lasciava poche interpretazioni. Era furioso. <<Come osa un senza Dio mettere in dubbio le basi della mia fede?>> disse, scagliando un pugno sulla tastiera che cadde a terra frantumandosi.
Mancava solo un giorno a Natale e non tutto era ancora ultimato. <<Devo affrettarmi.>> Affermò un attimo dopo con estrema tranquillità. La rabbia che albergava in lui un istante prima sembrava non essere mai esistita. Si specchiò per un momento sul monitor, e per un attimo vide un riflesso che non sembrava appartenergli.
Erano le 23.32 e lo stomaco cominciò a brontolare. Alzandosi si diresse verso la cucina; tutto era in disordine.
<<Mamma, da quando lui se n’è andato non concludi più niente qui in casa.>> La madre era di fronte a lui seduta davanti alla stufa elettrica. In mano la sacra Bibbia, sembrava piuttosto assorta. La stufa era spenta, la stanza gelata.
<<E’ forse colpa mia, tesoro? Dimmi piuttosto, chi manca ancora per il tuo presepe?>>
<<Solo Lui, mamma.>>
<<Vedrai che riuscirai a completarlo, figliolo.>>
<<Certo che ci riuscirò, ma tu che stai facendo? Ho fame e la cucina è un casino. Cos’è tutto questo sugo a terra? Che donna di casa sei se non sai mettere un po’ d’ordine?>> Si chinò e raccolse una dozzina di posate riverse sul pavimento.
<<Sai bene che non mi sento molto bene. Ho mal di gola e mi brucia lo stomaco. Probabilmente è l’influenza stagionale.>>
<<Allora mi toccherà cenare nella mia stanza. Odio il disordine. Non appena starai meglio cerca di riordinare. A papà non importa, ma a me si.>>
<<A tuo padre non importa di nulla, solo di se stesso. Dì le preghiere prima di nutrirti, e ringrazia il Signore.>>
L’aria pesante avvolgeva l’intero appartamento. Un bivani modesto, maldestramente arredato e tappezzato di santini dallo sguardo benevolo. La cucina, le camere, persino il bagno non era esente da ogni sorta di articolo religioso.
Si sedette sul letto, e nell’attimo stesso in cui addentò il panino con il tonno gli apparirono dinnanzi agli occhi pensieri e parole che lo fecero sobbalzare. “La rigida educazione religiosa impartitagli dalla madre, e le reiterate violenze fisiche e psichiche – pertanto intendiamo inoltrare la richiesta dell’affidamento esclusivo del minore al padre.”
<<Fra poco verrà a prendermi. Tutto finirà e si sistemerà. Lui verrà e tutto sarà come prima.>>
Un rumore sordo spezzò l’apparente silenzio dell’abitazione. Il campanello non funzionava da un pezzo, quindi Robert non poté che bussare con decisione per farsi sentire.
Nessuna risposta.
<<Hey Mary! Sono Robert, apri la porta su – Isaac ci siete?>> ancora niente.
“Ok, vorrà dire che utilizzerò la chiave” pensò tra sè e sè.
Entrando fu investito da un tanfo mai sentito prima. <<Cos’è questa puzza?>> chiese ad alta voce. La casa sembrava in condizioni pietose. Tutto era immerso nelle tenebre e l’interruttore della luce sembrava non funzionasse. Attraversò il breve ingresso e la cucina senza prestarvi attenzione. Si diresse verso la stanza del figlio. La porta era socchiusa e la stanza sembrava leggermente illuminata.
Non appena entrò vide il figlio seduto davanti al pc; il monitor era spento. Un presepio fatto a mano posto sopra al comò illuminava la stanza a intermittenza.
<<Isaac, finalmente. Perché non mi hai aperto? Dov’è tua madre?>> Non ricevette alcuna risposta.
<<Isaac. Is>> Dal riflesso del viso sul monitor Robert non afferrò immediatamente chi fosse quell’individuo seduto di fronte al computer, ma di una cosa era sicuro: non era suo figlio.
<<Cosa diavolo sta succedendo qui! Chi cazz>> ciò che vide era fuori da ogni logica.
<<M-Mary cos’hai fatto ai capelli? Dov’è Isaac? P-Perché hai i suoi vestiti addosso?>>
Lentamente vide quella cosa alzarsi per poi voltarsi di scatto verso di lui.
<<Papà ma cosa dici? Sono io Isaac. Finalmente sei venuto. Ti aspettavamo sai?>>
<<Cosa diavolo stai dicendo! Dov’è Isaac? Che cosa gli hai fatto, lurida puttana!>> Le diede uno spintone che la fece barcollare fino a farla cadere a terra.
Uscì dalla stanza e con l’ausilio del cellulare tentò di illuminare la cucina. C’era qualcosa a terra e si chinò cercando di comprendere. <<Sangue. Isaac, che ti ha fatto?>>
Era lì seduto, di fronte a lui. Si ritrovò d’improvviso catapultato in un incubo. Il cellulare gli cadde non appena illuminò quel tanto che bastava il corpo esanime del figlio. La gola recisa. L’espressione di sofferenza dipinta sul volto del suo Isaac era mista al terrore dei suoi ultimi momenti. Lo stomaco sventrato e le interiora sparse per tutto il pavimento. Robert tentò invano di sollevarsi. Le gambe non rispondevano e i conati di vomito lo costrinsero a desistere. Non sentì i passi dietro di lui.
<<Papà.>>
Non fece in tempo a voltarsi. Percepì un dolore lancinante alla testa. Vide per un attimo tra le mani della ex moglie una delle innumerevoli statuette della Madonna. <<Aspetteremo la nascita di nostro Signore tutti insieme, papà. Come una vera famiglia.>> La vista gli si annebbiò quasi subito. Il sangue sgorgò a fiotti sulle spalle. <<Cosa.>> cadde a terra senza un lamento.
<<Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.>>
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