Un Natale da Horror – Giorgio Riccardi




Meno 5, 4, 3, 2, 1…è scattata la mezzanotte del 20 dicembre e si è chiuso il primo progetto “Un Natale da Horror”, un sogno per me che in questo concorso e in questo sito ci sto mettendo l’anima.
Controllo un’ultima volta la casella di posta per vedere se arriva qualche racconto dell’ultimo secondo e poi via a creare l’eBook con le migliori storie.
C’era sempre qualche ritardatario che, per non lasciare nulla al caso aspettava sino all’ultimo momento per l’invio del racconto, controllando all’estremo ogni parola, ogni lettera, ogni virgola…onore a loro, persone meticolose.
Clicco F5 sulla tastiera del mio pc e vedo che il programma sta scaricando un ultima mail.
Sono contento, ovviamente, un altro racconto che va ad aggiungersi ai ben 62 già giunti in redazione. Niente male visto che sia il sito, sia il concorso sono stati aperti solo tre settimane fa. E’ incredibile quanto il passa parola sia fondamentale nell’era di internet.
La mail in arrivo pesa circa 666kb e la mia connessione internet è molto lenta e ci metto un po’ per scaricare tutto, ma ne varrà di sicuro la pena.
Fuori fa freddo, ma nel grande capannone che abbiamo affittato e adibito a redazione. Si sta bene dinanzi alla stufa a pellet, con un bel bicchiere di rum in una mano che mi gusto con soddisfazione e mi rincuora dopo una dura giornata al lavoro e un toscanello nell’altra mano che mi fumo a piccole e lente boccate, ho smesso di fumare da 9 mesi, ma ogni tanto e nei momenti più importanti un sigarino non guasta, soprattutto quando rimango solo in redazione.
Dopo circa 2 minuti il file è finalmente scaricato, così come segnalato dal programma e posso andare ad aprirlo e divorarmi quest’ultimo racconto horror.
Clicco sull’icona di Outlook e mi si apre la solita mascherina che ben conosco. Selezionata in azzurro la mail appena giunta con in grassetto il nome del mittente che, non credo ai miei occhi Howard Phillips Lovecraft, mentre il campo dell’oggetto è vuoto. Penso al solito mitomane la cosa mi incuriosisce e apro le mail.
La luce al neon incomincia a lampeggia nella mia stanza fino a spegnersi, intanto il pc mi dice “waiting please”. Si sarà fulminata, penso, ma la stufa e il computer continuano a emanare una fioca luminosità sulle pareti e sul soffitto.
Decido di pensare dopo alla lampada al neon, anzi magari domani, prima ho da leggere questa mail che, finalmente si apre con l’allegati scaricato. Così come nell’oggetto, anche il corpo della missiva è vuoto e decido di aprire l’allegato. Clicco due volte sul simbolo del file…sento un rumore alle mie spalle, come di piedi scalzi su di un pavimento, mi giro e la cosa mi lascia pietrificato.
Dapprima mi stropiccio gli occhi, guardo il bicchiere di rum e penso «Wow, forte sto bicchiere!» poi capisco che, purtroppo, non è mia immaginazione. Lì, in fondo alla stanza un bambino fermo che mi guarda. In mano ha una falce, no non è possibile. La piccola figura si avvicina a me, lo vedo bene ha un buco in testa dalla quale fuoriesce del sangue rossissimo che macchia il pigiamino e il viso bianco, pallido. Lo riconosco è il piccolo Jimmy, protagonista di uno dei racconti giunti in redazione.
Continuo a stropicciarmi gli occhi, mentre fisso il bambino. Penso che questo sia solo un incubo, mi sarò addormentato d’avanti al computer, mi do un pizzicotto…«Ahi» il dolore lo sento, sono sveglio. A richiamare la mai attenzione ancora altri rumori, intorno a me, mentre la figura di Jimmy scompare. La luce della stufa a legna si è fatta fioca si starà consumando il combustibile e riesco a vedere poco di ciò che c’è nel capannone, ma c’è qualcuno alla mia destra, mi giro cerco di aguzzare la vista, niente domando “Chi è?”, non ho risposta. Mi ricordo che nel cassetto della scrivania c’è una torcia elettrica, la prendo non si accende, la sbatto con forza sul tavolo mentre intorno a me i rumori aumentano. Sento la mia voce gridare «Chi c’è là? Chi è? Ragazzi non è un bello scherzo smettetela! Uscite fuori! C’è del rum anche per voi». Ma niente, non c’è risposta solo confusi rumori.
Al terzo tentativo la torcia elettrica si accende e…li vedo sono tutti lì che mi guardano e so, con certezza, che lo stanno facendo già da tempo, mentre io solo ora riesco a vederli. Li riconosco tutti: c’è Ted con la sua camicia bianca macchiata di sangue e un buco che gli fora il petto. E’ lui, ha il volto ancora disorientato, non sa dov’è, ma nel suo sguardo si legge tanto odio. C’è la signora assassina con in mano cucchiai e coltelli. E’ seduta sopra il corpo esanime di un uomo, c’erano Luca e l’uomo-zombie in stato di decomposizione e mezzi mangiati dai vermi. Entrambi si muovevano con grosse difficoltà emanando un incredibile puzzo di morte. C’è la famiglia omicidi a guardarmi dall’alto in basso che mi giudicava con i due figli che mi guardano con sorrisi agghiaccianti. In un angolo, seduta per terra e dondolandosi su se stessa c’è Jenny che canta una canzoncina stonata, una filastrocca per bambini a primo impatto, ma non capisco la melodia. C’è Dario indemoniato e, poi, Babbo Natali di tutti i tipi, elfi, vecchiette tutti mi fissano con sguardi carichi di rancore.
«Cosa volete?!» chiedo «Cosa volete da me?»
A rispondere è Jimmy ricomparso vicino alla mia sedia sulla quale sono caduto non avendomi retto le gambe. «Tu e gi altri vi siete divertiti a crearci, siete stati voi ad averci dato vita e ora abbiamo bisogno delle vostre anime per vivere, per perpetrare il nostro male. Tu sarai il primo, poi toccherà agli altri».
Lo guardo e non riesco a parlare. « Volevi il tuo Natale Horror, eccolo!». Dopo queste parole il buio.
Mi sveglio qui. Appeso in questo freddo capannone. I mostri mi guardano ancora, ridono di me. Si avvicinano e incominciano a cibarsi delle mie carni, uno alla volta, dopo sarà la volta dell’anima…grido, il dolore è lancinante, il mio sangue schizza in ogni dove, i mostri hanno la bocca insanguinata e brandelli di carne cade per terra, vedo le mie intestina, chiudo gli occhi.
Tra poco sarà finita, è la mia unica consolazione.


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