Strani incontri – Matteo Belotti




George si trovava seduto a bere l’ultimo bicchiere della serata. Era solo al bancone con occhi lucidi e sguardo assorto. Leggeri passi catturarono la sua attenzione, accanto a lui si sedette una donna di media statura, con capelli da leonessa e sguardo curioso.
« Giornata storta? » chiese a George. L’uomo non rispose, abbozzò solo un cenno di ringraziamento per l’interesse mostrato.
« Se hai voglia di confidarti, per stasera sarò tutta tua… » la donna gli regalò un dolce sorriso fraterno.
« Non credevo ci fosse ancora qualcuno disposto ad ascoltare storie deprimenti la sera della vigilia »
« Consideralo il mio regalo di natale, comunque io sono Sarah »
« George, e… scusa ma non credo di essere dell’umore giusto per parlare »
« Se fossi stato dell’umore di parlare non ti avrei chiesto nulla… »
George appoggiò il bicchiere, si alzò e sparì in bagno per cinque minuti. Di ritorno trovò la donna allo stesso posto ferma a fissarlo. Fece una smorfia e iniziò a confidarsi…
 
« E quindi ti ha lasciato a pochi giorni da Natale? »
« Mi ha lasciato molte volte, oggi è solo una delle tante, in fondo mi ha dato un valido motivo alla solita tristezza che mi prende durante le feste »
 
I due uscirono dal Cafè e si inoltrarono nella notte, lasciando impronte sulla neve e respiri freddi nell’aria.
« Non disperare… hai accennato alla tua carriera in ascesa, per di più sei un gran bell’uomo, ti trovo spiritoso… non dovresti faticare a dimenticarla, a riempire il suo vuoto con altre donne »
« Non credo di volere altre donne… e non sarebbe comunque così semplice, è molto possessiva… si diverte ad allontanare tutti da me, la gente intorno a me sparisce, a volte smette semplicemente di rispondermi, altre volte… »
« altre volte? »
« altre volte muore… »
 
Sarah spalancò gli occhi e deglutì a fatica, quasi dovesse ingoiare l’enorme fardello che quella frase rappresentava.
 
« co… come scusa? »
« A volte mi fa paura… »
« E’ morto qualcuno? »
« Jennifer, una collega con la quale sono uscito 2 volte a cena per lavoro… l’hanno trovata nel bagagliaio della sua auto… le ha tagliato… beh lasciamo perdere i particolari… credo sia malata, credo abbia bisogno di aiuto, vorrei aiutarla… »
« ma? … perché c’è un ma giusto? »
« si… ma è difficile parlarle, non ascolta, vive in un mondo tutto suo… »
 
Sarah e George cominciarono a percorrere il viale illuminato dalle luci natalizie che per un attimo sembrarono sciacquare via i toni cupi. Sarah cominciava ad agitarsi, sentiva una strana sensazione di pericolo che circondava l’uomo, stava cominciando a pentirsi di essersi seduta a quel tavolo. George la guardava a volte con sguardo rassegnato a volte con occhi pieni d’amore. Sembrava una persona molto disturbata, provata dalla vita, tutto ciò inquietava Sarah, trovandosi soli per le strade della città.
«E dopo Jennifer non hai avvertito la polizia? » proseguì Sarah sempre più curiosa e spaventata.
« E dopo Jennifer ce ne sono state altre… e ognuna ha dovuto pagare il prezzo di essermi stata amica… o anche solo parlato una sera »
 
A Sarah si contrassero i muscoli del viso, cominciò a rendersi conto che anche lei era una di loro. Da quell’istante ogni rumore nell’ombra la fece sobbalzare. Non si sentiva più sicura, le luci della città sembravano stringersi sempre di più attorno a lei fino a togliergli il respiro e schiacciarla.
 
«Ma possibile che non hai fatto nulla? »
«Certo che ho fatto qualcosa… in alcuni casi l’ho aiutata a nascondere i corpi… »
 
Sarah si bloccò e lo fissò sconcertata.
George capì che doveva giustificare quella sua frase e aggiunse «la amo, non voglio che le succeda nulla»
 
George non era molto preoccupato di rivelare particolari così compromettenti. Purtroppo in tutti questi anni l’amore per lei l’aveva consumato a tal punto da alterare la sua realtà e il suo senso del giudizio. Fissava con circospezione Sarah cercando di anticipare la sua prossima domanda.
Sarah non riusciva a collegare tutti i puntini della storia di George. Nulla aveva senso e nulla sembrava portare ad uno spiraglio di luce.
Svoltato un angolo, giunsero inaspettatamente ad una piazzetta gremita di gente, un vociferare tutt’attorno li accompagnò nella loro conversazione.
 
« Ma non ha senso » riprese Sarah. «cioè, mi hai detto che lei è possessiva e gelosa, ma perché allora ti avrebbe lasciato? »
 
George si bloccò nel centro della folla, scosse la testa e si preparò per un discorso che, si vedeva, non riusciva più a trattenere « Il perché te l’ho detto, ha bisogno di aiuto e questo è il suo modo per chiederlo» fece un profondo respiro e proseguì. «Ogni anno, poche settimane prima di Natale, lei mi lascia… e puntualmente nella notte della vigilia di Natale torna da me, confusa… ogni volta in modo diverso trova una scusa per parlarmi, per riallacciare i rapporti, a volte senza nemmeno ricordarsi chi sono… e passiamo tutta la serata insieme parlando di tutto, anche di noi»
 
Sarah e George rimasero fissi a guardarsi in silenzio. In entrambi si misero in moto catene di pensieri rapidi ed essenziali. Sarah spalancò gli occhi, fu presa da un senso di disorientamento, ebbe un stretta allo stomaco che fu seguita dall’emersione di ricordi recentemente rimossi. George si incupì e fece un grosso respiro:
 
«Sarah non ce la faccio più, ti amo ma non posso continuare così devi capirmi lo faccio per entrambi»
 
Estrasse un coltello dalla tasca e lo affondò nel ventre di Sarah, poi accompagnò lentamente il suo corpo mentre si adagiava per terra.
Scoccò la mezzanotte.
Suono di campane.
Ma tutt’attorno rintoccarono grida.


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