Rubrica – “Libreria d’Annata” – “L’orrore al femminile” a cura di Elinor Childe e John Pinamonte




“L’orrore al femminile” a cura di Elinor Childe e John Pinamonte (Mondadori 1986) è l’antologia horror analizzata dallo scrittore Nicola Lombardi per la rubrica “Libreria d’annata
Abbiamo già esaminato, in questa rubrica, un’antologia horror interamente declinata al femminile, Le signore dell’orrore. Torniamo ora a sfogliarne un’altra, estremamente interessante, confezionata da Elinor Childe e John Pinamonte, esperti curatori di numerose raccolte di ghost stories. Si tratta di L’ORRORE AL FEMMINILE (Oscar Mondadori, 1986), che raduna sotto lo stesso tetto nomi prevedibili e nomi decisamente inaspettati.
L’antologia è suddivisa in tre sezioni. Si parte con ORRORE ANTICO, e qui l’aggettivo ‘antico’ viene utilizzato nella sua più sincera accezione. La prima autrice a scendere in campo è nientemeno che Margherita di Navarra, personaggio di spicco nella società colta del XVI Secolo, figlia di Carlo d’Orléans e Luisa di Savoia. Sulla scorta del Decamerone di Boccaccio, Margherita di Navarra compilò una raccolta di novelle sotto il titolo di Eptamerone, e da questa collezione i curatori ne hanno scelte due (la Trentunesima e la Trentaduesima, per la precisione) particolarmente macabre.


A seguire, facciamo la conoscenza dell’inglese Aphra Behn, approdata dopo varie vicissitudini al teatro e alla letteratura nel 1668. Il suo ultimo romanzo (morì nel 1689, nemmeno cinquantenne) fu Oroonoko, resoconto autobiografico della vita nelle colonie inglesi dell’epoca. Per l’antologia vengono selezionati due estratti (I Rossi e I Neri e i Bianchi), proposti come ‘gotico naturale’, ovvero il ‘nero’ presentato senza i fronzoli della fantasia. Chiude la sezione antica la nobile normanna Madame d’Aulnoy, classe 1650, autrice di favole; non di rado nelle sue invenzioni fantastiche si infiltrano elementi orrifici, ed è quindi a buon diritto che qui compare Il ramoscello d’oro.
Arriviamo quindi a GOTICO E NERO, e i nomi ospitati cominciano a farsi più familiari. Madame de Stael, figura di riferimento nel panorama artistico e culturale europeo a cavallo tra XVIII e XIX Secolo, viene qui rappresentata da due brevi estratti (Paesaggio e Leonora) scelti da uno dei suoi romanzi più significativi, L’Alemagne.
Ecco poi una campionessa del gotico, Ann Radcliffe, di cui possiamo rileggere Elena e Schedoni (tratto da L’Italiano) e Il velo nero (da I misteri di Udolpho). Dal celebre L’abbazia di Northanger di Jane Austen, quindi, i curatori isolano il significativo brano Il piacere della paura. Com’è lecito aspettarsi, troviamo anche Mary Shelley col brano Nascita di Frankenstein (anche se questo titolo affibbiato all’estratto perpetua l’annoso equivoco tra il nome del creatore e quello del mostro), seguita da George Sand con L’iniziazione (tratto da La contessa di Rudolstadt).
La parola passa poi a Charlotte Bronte, che da Jane Eyre ci descrive La Camera Rossa, mentre la sorella Emily ci parla di Una voce proveniente dal suo Cime tempestose. Dopodiché, i curatori rivolgono la loro attenzione all’Italia pescando ben tre nomi di grande notorietà: Matilde Serao con Gioco e delirio e La fattucchiara (sic), tratti da Il paese di cuccagna; Carolina Invernizio con La morta viva (da Il bacio di una morta); e addirittura il premio Nobel Grazia Deledda, qui presente col sulfureo racconto Un grido nella notte. E non poteva assolutamente mancare l’inglese Vernon Lee (pseudonimo di Violet Paget), che col suo spettrale La voce malefica ci trascina in una brumosa Venezia settecentesca.
Ed è infine la volta del terzo pannello del trittico (come lo definisce la Childe): la sezione ALTRI ORRORI, sulla soglia della quale troviamo ad attenderci una presenza decisamente inaspettata: la perversa Wanda von Sacher-Masoch, austriaca, moglie di quel celeberrimo Leopold che diede origine al termine ‘masochismo’. Tratti dallo scandaloso Le mie confessioni, i curatori estrapolano per l’occasione due brani: Apparizione e Temporale.
Altro nome a sorpresa è quello di Annie Vivanti – nata a Londra da padre italiano (un garibaldino!) e madre tedesca – nota anche per una relazione con Giosué Carducci. Due i brani selezionati dalla sua produzione: Sulle coste del Malabar (da Naja Tripudians) e La curva dell’arcobaleno (da Il viaggio incantato).
Interviene poi Rosa Rosà (pseudonimo di Edith von Haynau), nata a Vienna nel 1884. Trasferitasi per matrimonio in Italia, non tardò a dimostrare il suo vivo interesse per il movimento futuristico e a inserirsi con successo nel flusso letterario dell’epoca. Tre sono i suoi racconti qui presentati: La Sarabanda, L’infermiere e Sonnambulismo romantico.
Passiamo dunque a un’autrice decisamente più nota, la danese Karen Blixen, di cui i curatori hanno scelto una delle Sette storie gotiche, ovvero Diluvio a Norderney, estrapolandone una parte intitolandola Storia di Calypso. Simo alle ultime battute, e la gigantesca Daphne du Murier ci incanta col racconto L’albero di mele, prima che un altro mostro sacro della narrativa nera, Patricia Highsmith, ci faccia rabbrividire di delizioso disgusto col più volte antologizzato L’uomo che studiava le lumache.
Azzeccatissima la citazione da Conan Doyle con cui Elinor Childe apre la sua introduzione: “Dove non vi è immaginazione non vi è orrore.” Parole da scolpire nel granito!



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