Rubrica – “Letters from Miskatonic University” – “Il morso dello sciacallo” di Paolo Di Orazio




“Il morso dello sciacallo” di Paolo Di Orazio (Vincent Books, collana New Breed 2016) è il nuovo romanzo  horror analizzata nella nona puntata di “Letters from Miskatonic University”. 
Afareen Torn è la popstar del momento, un teen-idol alla Justin Bieber, ma molto più pericoloso. Il suo manager invece si fa chiamare Murnau ed è un gigante freddo come il ghiaccio e terribilmente sadico, pronto davvero a tutto per far sì che il suo protetto venga universalmente riconosciuto come la più grande personalità vivente.
Insieme arrivano a Roma, città scelta come quartier generale da cui far partire il loro progetto. I due sono molto ambiziosi, e non si fermeranno davanti a nulla, ma proprio nulla, pur di raggiungere il proprio scopo.


Nel frattempo nella capitale si verifica una serie di “omicidi-suicidi” dalle dinamiche alquanto inspiegabili ed inquietanti. Il maresciallo in pensione Alfredo “Red” Vanacura, viene coinvolto nelle indagini dalla procace Oriette Biancosarti, un’amica (solo amica?) che lavora alla scientifica, e inizia ad occuparsi dei delitti. Ah, dimenticavo, Vanacura ha un asso nella manica: possiede alcune particolari doti paranormali ed ogni tanto ha visioni che gli forniscono preziosi indizi, seppur piuttosto fumosi e non semplici da interpretare.
Riusciranno i due a venire a capo del già ribattezzato “Caso Inferno”?

Si potrebbe riassumere così la trama del nuovissimo romanzo del Vate dello splatterpunk italico, Paolo Di Orazio, in uscita per la rinnovatissima collana New Breed di Vincent Books.
Diciamolo subito: Il morso dello sciacallo non è roba per stomaci deboli, del resto chi ha già confidenza con lo stile inconfondibile di PDO può già immaginarsi di cosa stiamo parlando.
E così nella prima metà della storia si assiste ad un’autentica sarabanda di orrori, violenze, sventramenti, sconcezze e sesso perverso. Insomma, tutte le cose per le quali abbiamo imparato ad amare senza remore l’autore romano.
Ma naturalmente, questo è solo quello che appare in superficie, perché poi c’è molto altro. Un impianto solidissimo – intanto – e poi la scrittura di Di Orazio, che è talmente fluida e godibile da riuscire a far macinare una pagina dopo l’altra, inesorabilmente.
L’ottimo Paolo si scatena letteralmente nei primi capitoli, inserendo situazioni e vicende appartenenti anche a periodi temporali differenti, ed è tantissima la carne al fuoco che viene data in pasto allo Sciacallo, tanto che si potrebbe quasi rischiare di far perdere la rotta al lettore.
Ma la mano di Di Orazio è saldissima sul timone e con pochi – seppur semplici – tocchi di classe, riesce a ricalibrare tutto e a rimetterci in linea di galleggiamento, conducendoci verso un finale pazzesco e quasi apocalittico.
Nota numero 1: la lettura prolungata di un romanzo dalle dinamiche tanto “estreme” potrebbe rischiare di provocare stati di ipertensione e di paranoia nei confronti di un lettore non molto avvezzo allo stile DiOraziano. A maggior ragione, risultano ancor più graditi i brevissimi sketch che hanno per protagonisti Alfredo Vanacura e la madre, quasi dei brevi inframmezzi tutti da ridere tra un abominio e l’altro, giusto per alleggerire per pochissimi attimi la tensione, prima di rituffarsi nell’abisso.
Nota numero 2: tantissime persone cadono vittime dello Sciacallo. Tra queste, l’autore ha voluto “omaggiare” diversi suoi amici (persone reali, che incontra e frequenta abitualmente) inserendoli nella narrazione e facendoli morire. E morire molto male, per giunta.
Conclusione: se amate l’horror senza compromessi, se adorate registi come David Cronenberg o autori come Jack Ketchum, Il morso dello sciacallo è qualcosa del quale non potete assolutamente fare a meno, e credo che sia un lavoro che meriti di essere inserito tra i più significativi pubblicati da Paolo Di Orazio nella sua ormai trentennale, gloriosa carriera.
Bravo Paolo, e brava Vincent Books!



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