Recensioni – “L’estate fredda di Dylan Sumner” di Stefano Rossi


TRAMA – Il racconto di Stefano Rossi inizia così. Dylan Sumner, il protagonista di questa triste storia, se ne sta seduto a terra e quello che fissa è l’arto, ormai privo di vita, della moglie. L’ha uccisa, il Winchester fumante è un dato inconfutabile. Ma per quale motivo ha ammazzato la donna che tanto amava? Semplice (oddio, non proprio!), la donna si era trasformata in un morto vivente. Ricapitolando: un uomo, distrutto dal dolore per aver appena ucciso la donna che ama, mutata in una creatura affamata di carne umana e prossima al marciume della decomposizione, se ne sta spalle al muro in attesa di superare lo shock. Se poi ci mettete che si trova all’interno di uno chalet isolato e circondato da creature marcescenti che cercano di penetrare a tutti i costi, il gioco è fatto.
RECENSIONE – E se a qualcuno potrebbe sembrare il solito inizio della consueta storia zombie, non è proprio così.
Il testo di Rossi alterna passato e presente. Ripercorre le vicende che hanno portato il protagonista a fuggire dalla città insieme alla moglie per tornare nuovamente nello chalet, nella sua personale prigione.
L’autore prepara con perizia tutti i presupposti per una classica storia di zombie ma mentre i morti viventi irrompono nella casa, anticipa i nostri pensieri con un colpo di reni, degno del migliore portiere del mondo. Qui mi fermo per evitare spoiler dicendo solo che il finale è aperto a più interpretazioni.
L’estate fredda di Dylan Sumner riecheggia, nel titolo, quel Freddo a luglio di Joe Lansdale, geniale scrittore texano che ha abbracciato praticamente qualsiasi genere letterario con risultati sempre stupefacenti. E forse non è un caso, dal momento che anche la scrittura di Rossi si ispira a Lansdale risultando godibile e gustosa.
Non mancano ottime sequenze splatter & gore e spruzzi di momenti grotteschi.
Ivo Gazzarrini