Recensioni – Dylan Dog n.374: La fine dell’oscurità di Mauro Uzzeo e Giorgio Santucci

“Dylan Dog n.374 – La fine dell’oscurità” di Mauro Uzzeo e Giorgio Santucci è il volume Bonelli Editore recensito oggi da LetteraturaHorror.it
Ammetto di essere un fan deluso. Uno di quelli che ha smesso di acquistare Dylan Dog da poco superato il numero 100. Ammetto anche di essere uno di quelli che ci ha spesso riprovato, periodicamente, a riacquistare i nuovi albi, spesso accusando una delusione ancora maggiore. Da quando Dylan Dog è “cambiato”, da qualche anno a questa parte, qualcosa è migliorato. Autori e disegnatori nuovi, persino il copertinista (per quanto ami Stano, devo riconoscere l’esplosività di Cavenago), hanno portato una ventata di freschezza, alternata però, a mio parere, a troppi numeri insipidi. E così ho smesso di nuovo, tristemente, e ho deciso di acquistare solo i numeri di cui sono certo del risultato.
Questa breve premessa sul mio personale rapporto con l’indagatore dell’incubo era necessaria solo per dire che ho acquistato l’ultimo numero in edicola incuriosito dai disegni di Giorgio Santucci, mentre credo di non aver mai letto nulla dello sceneggiatore, Mauro Uzzeo. Che dire? Mi sono ritrovato in mano, lo ammetto, un piccolo capolavoro, e non solo per i disegni meravigliosi ed evocativi, sui quali nutrivo ben pochi dubbi, ma proprio per la storia e il risultato dell’insieme finale.
La fine dell’oscurità mostra, senza retorica, checché ne dicano i detrattori, di un’apocalisse alla quale potremmo essere vicini. Un’apocalisse fatta di opinioni, bassezze umane prima che morali, verità farlocche mascherate di rivelazioni. E Dylan si ritrova, anti-eroe vertiginoso come suo solito, ad affrontare gli incubi che scaturiscono dall’escatologia scatenata da questo pensiero conformante, un anti-dio mostruoso affamato di sudditi senza coscienza.
“Quando non ci sarà più posto all’inferno, i morti cammineranno sulla terra” diceva il vecchio adagio. Ma un orrore più grande di questo può essere forse l’illusione umana (troppo umana) di possedere la verità (quella rivelata, l’Alehteia) e di chiudersi nelle proprie ragioni, sbagliate solo perché date per oggettive e incontrovertibili. Quasi un orrore lovecraftiano derivato dall’aver osato guardare troppo in là, ma non oltre la porta della scienza, oltre la porta del qualunquismo.
Puntuale come il treno di una nazione diversa dalla nostra è arrivata la polemica. Sterile, neanche a dirlo. In un numero del quotidiano La Verità (neanche a farlo apposta!) è stata stigmatizzata una vignetta del Dyd in questione in cui viene ritratto un gruppo di pro-abortisti e di fanatici contro le unioni civili durante una manifestazione. Secondo il giornale, a causa di questi disegni, il personaggio Dylan Dog sarebbe stato strumentalizzato dagli autori per veicolare un messaggio sinistrorso, da fake news, e soprattutto prodotto dal pensiero unico.
Non è mia intenzione schierarmi, ognuno ha le sue idee politiche e trae da esse e dagli eventi le sue conclusioni (e si dà le sue verità…). Ma non posso fare a meno di chiedermi se sia proprio questo l’atteggiamento umano denunciato dal bel lavoro ad opera della coppia Uzzeo-Santucci.
Stefano Spataro