Racconto Breve: “Io Vampiro” di Luca Moricca


IO VAMPIRO
Non sempre la Luce ha la meglio sulle Tenebre…a volte anche l’oscurità sovrasta questo mondo ed è come una morsa che ti stringe lo stomaco.
Un peso che ti schiaccia l’anima.
Ti perseguita e ti insegue dovunque ti nasconda…dovunque.
E la nostra anima sa che prima o poi verrà inghiottita, non potremo scappare per l’eternità…
L’orrore dipinto sul mio volto, le urla strozzate in gola, la paura e il terrore nei miei ultimi pensieri. Il respiro affannato e il tentativo, vano, di fuggire a quella immonda creatura.
Poi, i suoi denti. Affilati e aguzzi, che penetrano senza ostacolo nella carne morbida, come lame nel burro. Il rivolo di sangue appena tiepido che scalda il mio corpo inondandolo di un rosso vermiglio. Il martellare del mio cuore nel petto.
E poi… poi il baratro, il buio più nero, la notte più profonda, l’oscurità più assoluta…
Sei morto! Morto! Morto!
La Morte, quella nera signora, che immagini armata di falce, che viene a farti visita. Quante volte, come me, avrai pensato alla Tua morte…non credo che nessuno la immagini così.
Questa parola rindonda tra i tuoi pensieri e non te ne capaciti. D’un tratto ti accorgi che il tuo corpo non ti appartiene più, eppure sei cosciente, sei presente a te stesso e ti rendi conto che la tua anima non muore con esso.
È lì, che la vena della follia, inizia a esplorare la tua mente e se ne appropria senza chiederti il permesso, finché la morte non prenderà il sopravvento. La notte diventerà il giorno, il giorno diverrà la notte.
Ti sveglierai con il tramonto e andrai a dormire col sorgere dell’alba, e le creature vicino a te, saranno solo omuncoli che vivono alla luce del sole, nient’altro che involucri per il tuo cibo, il tuo unico nutrimento, ciò per cui riterrai naturale uccidere. Proverai patimento nel vederli soffrire, l’onda del rimorso echeggerà nella tua mente ma solo le prime volte, poi, come per tutte le cose… diventerà abitudine.
Proverai a fare a meno del loro sangue, ma soffrirai; vedrai il tuo corpo consumarsi e allora ti chiederai sgomento “Perché?”
Noterai il diradarsi dei tuoi capelli, lo scarnificarsi delle tue mani, il raggrinzirsi della tua pelle; sarà allora che gli uomini diventeranno nient’altro che piccoli pezzi di un ingranaggio ancora più grande e misterioso. Ti sfamerai con la loro linfa vitale e il tempo sarà l’amico fedele che ti starà accanto… l’unico. La Luna sarà l’unica a vederti… a vedere il demone che cammina… L’eternità è la maledizione più grande che un essere vivente possa sopportare. Benché bramata da molti, nessuno si rende conto di come essa ti renda solo. Un lupo senza il suo branco. La morte circonderà la tua… non vita.
Già, perché sarà dura da digerire eppure…non sarai più un essere vivente.
Camminerai tra le folle e nessuno sarà lì ad aspettare un tuo gesto, vedrai la fine di chi ami. In circostanze estreme, ne sarai la causa… ti nutrirai di loro e la follia del sangue sarà la compagnia di mille e più pasti.
Questo è ciò che sono, ciò che sono divenuto, ciò che ero in un passato ormai remoto. Perchè non farla finita? …Forse perché sono troppo codardo o forse perché so come ci si sente a morire, non saprei qual è la giustificazione a questa mia indecisione.
Il tempo scorre, e non faccio altro che osservare, come fosse un film, lo scorrere degli eventi e l’evolversi dell’umanità, alla quale fingo di appartenere.
Non so cosa accadrà, né cosa sarà di questo mio corpo orrendo. Del resto, nemmeno un vampiro può scrutare nel futuro. Ho solo una certezza, che sono un morto, un morto che cammina tra i vivi.
Da quella sera, quella sera che ricorderò per tutti i miei giorni a venire.
Era una notte fredda e umida, la Luna illuminava a stento le carrozze dei treni fermi alla stazione, immerse in una soffice ed avvolgente nebbia autunnale.
Solo. La sensazione di essere osservato, ma da chi?
Sulla banchina non c’era anima viva. Avevo perso la coincidenza del mio treno e non mi restava che attendere il successivo.
Ero solo, in attesa del convoglio che avrebbe dovuto portarmi dalla mia amata, in quella piccola e sperduta stazione di un paesino di campagna.
Le ombre degli alberi si stagliavano sui muri del vecchio edificio logoro della stazione, come vecchi fantasmi intrappolati nei luoghi nei quali avevano trascorso le loro vite. Rumori…forse creati del vento che ululava tra le ultime foglie rimaste sugli spogli castagni circostanti, o dalla pioggia che tintinnava sui tetti dei treni in disuso, o forse dalla mia fervida immaginazione.
E ancora quella sensazione di essere osservato, scrutato…spiato addirittura.
Non mi sbagliavo. Non mi sbagliavo affatto…
Lui c’era. Una presenza indiscreta, celata tra le ombre della sera.
Proprio come me in questo momento.
Trovarmelo di fronte d’improvviso mi spezzò il fiato.
Gli chiesi se avesse bisogno di qualcosa perchè…perchè a prima vista sembrava umano. Ora so che sembriamo proprio uguali a voi.
Ma lui non rispose, mi guardava assetato e voglioso: ai suoi occhi non ero altro che il suo prossimo pasto.
Nei suoi occhi leggevo il bisogno, nella sua espressione il rammarico per ciò che avrebbe fatto. Un’espressione quasi compassionevole. Il suo spirito e la mia voce uniti in un grido d’aiuto che nessuno avrebbe ascoltato. Nelle mie fantasie erano diversi, completamente diversi; più simili a mostri delle tenebre invece…angeli della notte, così amiamo essere definiti… ma ormai è storia, e storia diventai anche io un attimo dopo. Non c’era via di scampo, per me, per il mio essere umano non ci fu nessuna pietà. L’angelo della morte mi prese e i suoi sussurri diventarono i miei respiri. Rubò in un attimo tutti i miei sogni e le mie promesse. Trasformandole in mere bugie.
Ed ora, ora sono stanco di parlarti di me. Desidero sapere di te, di te che ami i libri, i racconti di aspiranti scrittori, e che magari un giorno ameresti diventare tale. Di te che hai un cellulare sempre accanto, inutile feticcio rassicurante; di te che mantieni contatti illusori con il mondo esterno grazie al tuo computer.
Ti vedo anche ora, attraverso le tende tirate, davanti al pc, assorto in una qualche inedita lettura e ti vedo con quell’aria vagamente sorpresa, che ti raddrizzi sulla sedia, girando la testa a destra e sinistra.
Riesco quasi a percepire il tuo brivido lungo la schiena, il dubbio che si insinua tra i tuoi pensieri, il tuo respiro agitato, perché…a suo tempo, li provai anch’io!
Però no, non ti voltare amico mio, o non sarà più una sorpresa…entrare a far parte del mio, anzi del nostro mondo…
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