Racconto Breve: “Così è la vita” di Michele Belsanti




Letteratura Horror propone un racconto breve scritto da Michele Belsanti. Il racconto si chiama “Così è la vita” e sarà possibile leggerlo e, previa registrazione e login al sito, votarlo e commentarlo. Inoltre, sarà possibile scaricare“Così è la vita” in calce al racconto nei formati pdf ed ePub per poterlo leggere anche sul tuo computer ed e-reader.

Così è la vita

Augusto Rampelli aprì gli occhi prima della sveglia e si accorse di essere morto.

La cosa lo preoccupò. Si alzò in silenzio, per non svegliare la moglie, disattivò la sveglia, si vestì e si precipitò dal medico di fiducia.
“Come mai qui così presto?” chiese il medico vedendolo.
“Sono morto, dottore” rispose Rampelli.
“Sì? Vediamo”… Il medico lo sottopose ad una lunga, accurata visita. Quando finì, lo guardò sorridendo e gli disse “Lei sta benissimo ”.
“Ma sono morto!” fece Rampelli stupito.
“E allora?” chiese il medico senza smettere di sorridere.
“Il mio cuore non batte più…”
“Finché non le crea disagi…”
“Non ho più attività cerebrale…”
“Fossero tutti lì i problemi” rispose il medico, ridendo. “Vada, vada, non si preoccupi, è tutto a posto”.
Rampelli fissò il medico, aveva delle strane macchie sul viso. Sconcertato, uscì dallo studio e si recò al lavoro. Il capoufficio era lì ad aspettarlo.
“Allora, come mai questo ritardo?” chiese burbero il capoufficio.
“E’ che… sono morto, dottore…”
“Non faccia storie, Rampelli, siamo tutti stanchi prima delle ferie, si dovesse tardare solo per questo sarebbe un bel casino, non crede? E adesso si muova, che inizia la riunione sul progetto di marketing”
“Ma dottore, io non ho più attività cerebrale…”
“E allora? Cosa c’entra questo con il lavoro? Prenda i documenti e venga, si sbrighi”
Rampelli prese il documento di presentazione che aveva preparato il giorno prima e andò alla riunione. Si sentiva lontano, distaccato, gli sembrava che tutto ciò che stava facendo fosse assolutamente inutile, visto che era morto. Nonostante questo espose il progetto di marketing al direttore generale che lo ascoltò compiaciuto. Finita la riunione, fu raggiunto dal capoufficio.
“Ottimo intervento, Rampelli, il direttore lo ha molto apprezzato. Credo che sarà lei a dirigere questo progetto…”
“Ma dottore, io sono morto… il mio cuore non batte più…”
“Bene, non bisogna dare spazio ai sentimenti sul lavoro. Serve razionalità, lucidità… faccia una cosa, si prenda il pomeriggio libero, se lo è meritato. Ci si vede domani, eh Rampelli?”
Il capoufficio sorrise a Rampelli dandogli una gran pacca sulla spalla. Rampelli annuì, senza parlare. Si accorse che sul collo dell’uomo c’era una strana macchia. Pensò di dire qualcosa, ma ci rinunciò e si diresse verso l’uscita.
Salì in macchina, accese il motore e partì. Guidava come trasognato. Possibile che a nessuno importasse che lui era morto? Finalmente arrivò, parcheggiò la macchina ed entrò in casa.
La moglie era seduta sul divano, a guardare un film alla televisione.
“Come mai a casa così presto?” chiese la donna senza staccare gli occhi dal video.
“E’ che sono morto. Il cuore non batte più, il cervello…”
“Oh sì, capisco, povero caro, vieni qua vicino a me, c’è quel film che ti piace tanto, è appena cominciato…” rispose la donna, sempre senza staccare gli occhi dal video.
Rampelli si trascinò fino al divano, si sedette. La tv mandava rumori sordi e azzurrognoli.
“Papà, papà, sei a casa?” gridò il figlio di Rampelli irrompendo nella stanza. Era un bel bambino di dieci anni.
“Stai buono, amore” disse la moglie, sempre fissando il televisore, “lascia stare papà che è morto…”
“Fico!” fece il bambino, rivolgendosi al padre, “da grande posso essere morto anch’io?”
“Se fai il bravo e studi…” rispose la moglie, continuando a fissare il televisore.
Il bambino, soddisfatto, corse a giocare in un’altra stanza.
Rampelli aveva assistito alla scena senza riuscire a dire nulla. Si voltò a guardare la moglie, aveva una piccola macchia su un braccio.
“Cosa… cosa ti sei fatta lì, cara?”
“Dove?” chiese la moglie distogliendo finalmente lo sguardo dall’apparecchio televisivo.
“Lì, sul braccio…”
La moglie guardò la piccola macchia con aria interrogativa.
“Boh, non so… guarda, cosa ti sembra?”
Rampelli prese con delicatezza il braccio della moglie e guardò da vicino la piccola macchia. Mandava un odore strano.
“Sembra…” disse l’uomo timidamente, “sembra…”
Sullo schermo apparì la scritta “Fine primo tempo”.
La moglie ritirò il braccio, si voltò verso il marito e gli sorrise.
“C’è il telegiornale, tra il primo e il secondo tempo, ne approfitto per scongelare qualcosa. Cosa vuoi per cena, caro?”
“Quello che vuoi tu, non preoccuparti” rispose Rampelli con lo sguardo nel vuoto.
“Va bene, chiamami quando ricomincia” disse la donna alzandosi dal divano e dirigendosi in cucina.
Rampelli annuì, senza rispondere. Continuando a fissare il vuoto, si chiese quanto ci avrebbe messo a iniziare a decomporsi come tutti gli altri.

Michele Belsanti

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