Quell’assurda Notte di Natale – Patrizia Salvini




È inutile che ci giriamo intorno, Natale è sempre Natale, tutti vogliono stare in famiglia, preparare l’albero, tutti si sentono più buoni. In quei giorni anche i bambini più terribili assumono quell’aria angelica così particolare.
I figli di Tom White erano in effetti due pesti – ma come faccio ad arrabbiarmi con loro – pensava Mary, la mamma dei gemelli White, nonché moglie di Tom, mentre scaricava la station wagon piena di sacchetti della spesa. Qualunque cosa avessero combinato, quando li chiamavi, assumevano quell’aria innocente, con quegli occhi azzurri che ti guardavano da sotto la frangia. Mary lo sapeva, i gemelli avevano imparato a imitare lo sguardo innocente del gatto con gli stivali di Shrek, ma lei comunque non poteva resistere e alla fine Jamie e Josh avrebbero ottenuto quello che volevano, come per quel Natale, per esempio. I regali erano già pronti, nascosti in lavanderia, e sia Tom che Mary non vedevano l’ora di filmare l’entusiasmo negli occhi ancora assonnati dei loro figli, la mattina dopo, quando avrebbero stracciato le carte colorate per scoprire se Santa Claus li aveva accontentati.
La mattina dopo, all’ora stabilita per la scoperta dei regali, gli occhi dei gemelli erano già spalancati sul nulla, senza vita, sotto le frangette sporche di sangue. Tom e Mary, invece, avevano gli occhi chiusi. Erano stati uccisi per primi, ancora nella loro camera, e poi trascinati in sala, vicino all’albero addobbato alla perfezione. Poi era toccato ai bambini, che avevano avuto purtroppo il tempo di vedere tutto quel sangue, ma non quello di scappare all’uomo nero.
Non mi ha visto, non mi ha visto” stavo ripetendo nella mia mente, mentre cercavo di non urlare il dolore che sentivo dentro. Mi sentivo anche vigliacco, un maledetto vigliacco. Avrei potuto fare qualcosa, io quell’uomo l’avevo visto entrare dalla finestra, ma pensavo fosse solo un sogno. Mi ero svegliato del tutto quando avevo sentito quel rumore – shiff-tund , shiff-tund – e avevo visto comparire dalle scale l’uomo nero che trascinava Mary. Avrei voluto urlare quando avevo compreso che anche Tom veniva trascinato giu’. Ma la cosa più terribile fu quando quell’uomo aveva preso i due gemellini, uno sotto un braccio e l’altro sotto l’altro braccio, assonnati ma ancora vivi, e li aveva portati giù in sala, come se volesse fargli vedere come erano belli i loro genitori seduti vicino all’albero, con il pigiama zeppo di sangue rosso.
Io giuro che credevo fosse tutto un’incubo, non avrei mai pensato che quell’uomo avrebbe tagliato la gola ai due piccoli non appena le loro bocche si erano spalancate in un urlo che non aveva mai avuto la possibilità di uscir fuori.
Solo quando quell’uomo aveva messo anche loro seduti vicino a Mary e a Tom, solo quando ero riuscito per un attimo ad aprire gli occhi e vedere finalmente come reale quel quadro assurdo fatto di sangue e ancora sangue, solo allora mi ero reso conto che durante la notte in cui tutto il mondo è più buono, la mia famiglia aveva incontrato l’uomo nero, un essere che, invece, a Natale diventava il più cattivo del mondo.
Non potevo lasciargliela passare liscia, non volevo. In quel momento avevo deciso di agire.
Prima lo avevo attirato con le monete di cioccolata. Mary ne aveva comprato un sacchetto proprio per me. Non esiste sulla faccia della terra nessuno che possa resistere alle monete di cioccolata, e nemmeno l’uomo nero avrebbe potuto dire di no. Infatti si era avvicinato sorridendo e aveva cominciato a mangiarne una e poi un’altra e un’altra ancora. Quando il suo viso si era aperto in un sorriso, mostrando i denti cariati sporchi di cioccolata, io lo uccisi.
Il tenente Brown si passa il fazzoletto sulla fronte, non fa caldo, è il 25 dicembre, ma quella scena fa sudare anche lui, nonostante i suoi ormai vent’ anni di esperienza alla Omicidi. Come spiegare quella famiglia trucidata proprio la mattina di Natale, per non parlare dell’assassino, con quella strana tuta nera, trovato fulminato ai piedi della famiglia, con le mani strette intorno a un sacchetto di cioccolatini.
– Non riesco ancora a farmene una ragione – sto dicendo alla bambola rotta mentre guardo quella che era la mia casa. Il nastro giallo della polizia è ancora attaccato ai pilastri del patio, nonostante sia già passata una settimana. Sai – continuo a dire alla bambola – se quel brutto uomo nero non fosse entrato nella mia casa a quest’ora sarei ancora col vestito della festa. E poi a gennaio Tom mi avrebbe sistemato vicino al salice. Invece sono qui, in questo stupido cassonetto della spazzatura, ancora con le lampadine abbarbicate ai rami che stanno seccando. I miei begli aghi verdi se ne stanno andando tutti. Ormai è tardi anche per le mie radici. Che modo stupido di morire per un albero di Natale, ma forse è giusto cosi, sono l’ultimo testimone rimasto e forse anche io sono colpevole. O no? Ma che altro avrei potuto fare? Continuare a lampeggiare colorato e felice davanti a quello scempio? No, meglio abbracciare l’uomo nero e trasmettergli tutta la corrente di cui io e le mie luminarie eravamo capaci, e poi morire anche io, dimenticato in questo cassonetto, per poter così anch’io dimenticare quella assurda notte di Natale.


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