La Maledizione di Natale – Paolo Cirillo




I bambini vennero condotti poco oltre il limitare del bosco dagli anziani del villaggio. Lì, attraverso un intrico di rami piegati dalla neve, intravidero una casa di legno che sembrava far parte del bosco stesso.
Arrivati all’uscio, uno degli anziani bussò tre volte ma non attese una risposta. Nello stesso silenzio con cui erano venuti, gli uomini se ne andarono, lasciando i bambini increduli e spaventati. Educati da sempre all’ubbidienza non si sarebbero mossi senza un preciso ordine. Tremanti, aspettarono al buio.
L’attesa non fu però lunga. Udirono dapprima il rumore di una serratura che scattava, quindi un cigolio accompagnò il movimento della porta e una mano grinzosa li invitò ad avanzare.
“Presto cari, venite o farete entrare tutto il freddo della sera”, disse una rauca voce femminile dall’interno.
I bambini obbedirono e il tepore del camino acceso ebbe un primo effetto rassicurante sulle giovani anime. La donna richiuse la porta a chiave e fece scorrere due assi di legno massiccio per assicurarla ulteriormente. L’unica finestra presente era sprangata.
La donna si rivelò essere una vecchina con il viso marcatamente solcato dallo scorrere del tempo e con la schiena piegata dal peso di una lunga vita. Si muoveva lentamente appoggiandosi a un nodoso bastone di legno. Avrebbero giurato che avesse più anni di tutti gli anziani del villaggio messi insieme.
La casa era rischiarata dal focolare, vicino al quale stava un letto, evidentemente utilizzato dalla donna. Altri materassi erano stati sistemati sul pavimento dalla parte opposta. Al centro della stanza, sopra un grande tavolo, erano sistemati alcuni cesti traboccanti di frutta secca, mandarini e mele. Nell’aria si sentiva un forte aroma di liquirizia. I bambini, ancora in piedi vicino alla porta, fissavano il cibo.
“Coraggio, non esitate”, disse allora la vecchia. “Sedetevi e prendete tutto ciò che volete”.
I bambini non se lo fecero ripetere e cominciarono a rompere, sbucciare e mordere. Tranne uno, forse il più grande.
“Cosa c’è figliolo? Non ti piace la frutta?”, chiese allora la donna.
“Oh no, signora. Solo… Mi chiedevo… Voi chi siete? E noi… Cosa ci facciamo qui?”
La donna li guardò tutti con sguardo amorevole.
“Il mio nome è Agata”, cominciò. “Abito in questa casa tutta sola da non so più quanti anni ormai. E questo è uno dei motivi per cui siete qui. Ho chiesto agli anziani del villaggio che una volta l’anno, la vigilia di Natale, io possa passare un po’ di tempo con sette giovinetti come voi. In cambio di questo favore offro al villaggio una sorta di… protezione.”
“Protezione da cosa?” Chiese il più piccolo tra loro smettendo per un attimo di masticare.
La donna non rispose subito. Prese invece la teiera dal camino e chiese a una bambina di riempire le tazze.
“Bevete”, li invitò. “Non c’è niente come un infuso all’ortica e liquirizia per ascoltare una storia.”
Aspettò che tutti portassero alla bocca le proprie tazze, quindi cominciò: “Esiste una leggenda nel nostro villaggio. Narra di una bambina, venuta alla luce esattamente alla mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre…”
“Mio padre dice che chi nasce la notte di Natale è deforme e segnato dalla sventura per l’eternità”, la interruppe un altro dei ragazzini più grandi. Il suo intervento trovò d’accordo i suoi compagni che cominciarono a commentare. Agata colpì il tavolo con un pugno e li zittì.
“Tuo padre sa molte cose, figliolo, ma non si può certo dire che ti abbia insegnato le buone maniere. Gradirei che, d’ora in avanti, quelle boccucce le usaste solo per bere il vostro infuso”.
Il ragazzo abbassò lo sguardo sulla tazza e riprese a bere. La donna allora continuò: “La nuova nata non era deforme, ma bellissima e sana. Tuttavia i vostri genitori non si sbagliano. Ogni anima che viene alla luce la notte di Natale porta su di sé una maledizione e le donne presenti alla nascita lo sapevano, così cercarono di annullare il sortilegio tracciando una croce sulla fronte della neonata con una lama rovente. La madre, scambiando il gesto per una minaccia, protestò in modo veemente e le sue urla richiamarono il marito, che irruppe nella camera. In preda alla rabbia strappò il coltello dalle mani della levatrice e cacciò tutte le donne. Quando si voltò, la sua sposa era morta.
Nei giorni seguenti gli anziani si recarono a casa dell’uomo cercando di farlo ragionare, ma fu tutto inutile. Nessuno avrebbe alzato una mano sulla sua bambina.
Il consiglio cittadino si riunì d’urgenza e giunse alla conclusione che fosse inaccettabile permettere ad un essere maledetto di partecipare alla vita della comunità. I due furono quindi banditi dal villaggio e si rifugiarono nel bosco. Nessuno seppe più niente dell’uomo e di sua figlia fino alla notte di Natale di diciotto anni dopo.
Quella sera, infatti, la maledizione colpì. Allo scoccare della mezzanotte un padre amorevole vide la propria figlia trasformarsi in un essere demoniaco, metà donna e metà lupo. Il suo cuore non resse e lasciò questo mondo. Fu allora che la creatura, forse attirata da alcuni rumori in lontananza, saltò fuori da una finestra e si diresse verso il villaggio, sbranando chiunque le si trovasse davanti.
E’ passato ormai quasi un secolo, ma la trasformazione si ripete ogni Natale”.
I bambini stavano fissando la vecchia signora con occhi spaventati ma che si facevano anche sempre più pesanti, quasi impossibili da tenere aperti.
“Cari tesori, ora basta parlare. Vedo troppa stanchezza sui vostri volti. Lasciate le vostre tazze e sdraiatevi su quei materassi. La mezzanotte si avvicina e presto la creatura si trasformerà. Ma non temete, l’oppio che ho mescolato all’infuso vi aiuterà a dormire.”
L’ultimo dei bambini a coricarsi, prima di cedere al sonno, riuscì a stento a parlare: “Non… non ci avete detto… come fate voi a proteggere il villaggio?”
“Oh, è semplice, figliolo. Questo è un posto sicuro perché nessuno può entrare, ma non temete, anche il villaggio lo è.
Perché io non posso uscire…”


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