Il Babbo Natale – Marco Ferroni
Seduto sulla sua poltrona di pelle, posta accanto al caminetto acceso e sorseggiando un bicchiere di whisky, mentre fuori imperversava una bufera di neve, Adam ripensò a quando ammazzò quel porco di un maniaco, vestito da Babbo Natale, che violentò e uccise sua figlia, lo scorso natale.
Amanda aveva appena sei anni quando morì. Posta sulla mensola del caminetto, addobbata ancora da festoni e calze natalizie, ricoperte di polvere e ragnatele, vi era una foto di una splendida bimba bionda con i capelli raccolti in due code, ai lati della testa ed un sorriso che lasciava vedere due buchi di dentini appena caduti.
La polizia, dopo mesi d’indagini, scovò l’assassino ma non fu mai arrestato per insufficienza di prove. Adam lo cercò a lungo e quando lo trovò senza nemmeno chiedergli né come o perché, lo uccise con l’accetta che usava quando andava a raccogliere legna, piantandogliela nel petto, spruzzando sangue ovunque.
Sporco di sangue, sudore e terra, buttò il corpo e l’arma in una buca che aveva scavato per nascondere il fatto e, una volta averla riempita di terra, se ne tornò a casa.
Questo accadde esattamente un anno prima e Adam da allora non uscì più da casa; era impazzito e viveva allucinazioni talmente vivide da sembrare vere in cui vedeva la figlia gironzolare per casa, ma non più sorridente come prima.
La bambina che lui vedeva, era vestita con l’abito con cui era stata sepolta, sporco di terra. I capelli erano di un biondo smorto e non più lucente come prima e la faccia era sporca di una sostanza rossa che, colandole dalla bocca fin giù per il collo, andava a macchiarle il colletto del vestitino.
Deambulava avanti e indietro per la casa, come un’ubriaca.
Tutta la casa era ancora addobbata a festa come a voler ricordare i bei momenti passati in quella casa. In salotto l’albero di natale con tre quarti delle lucine bruciate, faceva ormai da habitat per ragni e insetti vari.
La corrispondenza e i quotidiani si ammucchiavano davanti casa e lui non usciva più nemmeno per prenderli.
Ubriaco fradicio per i troppi bicchieri di whisky bevuti, Adam si addormentò sulla poltrona. Dall’esterno della porta sul retro giunsero dei tonfi sordi e poi la lama di un’accetta comparve nel legno. Dopo qualche colpo la porta cedette e una figura zoppicante, accompagnata da vento e neve, fece il suo ingresso trascinandosi dietro l’arma. Attraversò la casa seguendo la luce a intermittenza dell’albero di natale. Si fermò all’altezza della poltrona, sulla quale l’uomo dormiva ancora profondamente. Alzò l’accetta e con un grugnito la calò, mancando il bersaglio di un buon trenta centimetri e piantando la lama nel parquet. Adam si svegliò e non appena vide la figura che stava sopra di lui, scappò. Ancora con la mente annebbiata dall’alcol, non riusciva a capire cosa stava succedendo, né chi fosse quell’uomo così malconcio e cosa volesse da lui. Alla luce del caminetto lo vide bene e lo riconobbe. La nebbia svanì dalla sua testa e l’immenso furore riemerse.
«Non ho idea di come tu sia sopravvissuto», gli disse.« Ma non permetterò che tu viva dopo quello che le hai fatto» e senza pensarci due volte si lanciò contro l’uomo che uccise sua figlia.
Sbatterono contro il carrello degli alcolici che si ribaltò rompendo le bottiglie e spargendo il contenuto ovunque.
Adam si rialzò velocemente e, pensando di averlo ucciso, si avvicinò al corpo di quel tizio vestito da babbo natale che era riverso prono sui cocci di vetro.
La mano del morto si mosse e anche se con fatica, l’uomo si rialzò. Quando si voltò verso Adam, il collo di una bottiglia gli spuntava dove prima c’era l’occhio destro.
Adam corse a prendere l’accetta e, mentre la staccò dal pavimento, il babbo natale lo raggiunse e lo morse ad una spalla staccandogli un pezzo di carne. Urlando per il dolore, si liberò dell’aggressore spingendolo contro il camino dove, zuppo d’alcol, non poté fare a meno che prendere subito fuoco.
Le fiamme si propagarono per tutto il salotto grazie agli alcolici rovesciati sul pavimento.
Il tappeto dove spesso giocava la piccola Amanda, iniziò a bruciare e le fiamme stavano minacciando la bambina, che era entrata nel salotto, attirata dal trambusto della colluttazione. Adam vedendo il pericolo, presa la figlia allontanandola dal fuoco e lei, approfittandone, gli morse la mano, staccandogli due dita.
Adam, allontanadosi e stringendosi la mano ferita, urlò ma fu raggiunto dal babbo natale che, ancora avvolto dalle fiamme, gli azzannò la guancia strappandogliela. Lui e la bambina iniziarono a cibarsi dell’uomo urlante mentre la casa andava a fuoco. Il supplizio di Adam durò poco. Il fuoco gli stava consumando completamente la faccia e lui svenne e morì per lo shock se non per le ferite che i due esseri gli stavano infliggendo.
Mentre il corpo veniva smembrato e mangiato, il fuoco aveva consumato le assi del parquet che cedette portandosi dietro le creature, il corpo e parte delle bottiglie di alcolici non ancora rotte nella lotta che esplosero come bombe sul pavimento della cantina. L’incendio raggiunse anche il piano sottostante.
Pochi minuti dopo le fiamme raggiunsero, finalmente, la bombola di propano posta nella cantina. Quando esplose la casa, la corrispondenza e i giornali furono sbalzati lontano. Notizie di alcun genere non furono pubblicate da giorni, ormai, e la prima pagina del quotidiano, che stava bruciando, in mezzo alla bufera, riportava il titolo: “I morti camminano”.