Fadeout – Tiziana Boccaccio
E’ vero che non senti più freddo, sorella? Qui non si sente più freddo, non si sente più male.
Fratello, prima di chiudere gli occhi, ti ho visto traballare incerto sulle membra spezzate, nel tentativo di rialzarti e raggiungere il fosso. Spaventato, rotto, volevi attraversare la strada, scappare dal mostro e cercare riparo presso la madre amorosa. Ti sei illuso per qualche istante che la linea del tempo potesse riprendere a scorrere, anche se strattonata da un terremoto improvviso. Ma quegli arti non erano più tuoi. Come ti sei alzato, quegli arti si sono polverizzati, esplodendo nell’irridente fuoco d’artificio di mille schegge di dolore.
Qui dove siamo, invece, non si sente più freddo, né dolore. Solo un bianco abbagliante. Non fa differenza tenere gli occhi chiusi o aperti, il bianco sale da dietro la retina, si alza come una marea, diventa l’unica dimensione del nostro nuovo spazio “senza tempo”.
I giocosi colori del mondo che abbiamo abitato sono svaniti. Fade out improvviso.
Fratello, che ne è di quel mondo, della madre che ci nutriva e del calore rassicurante delle sue tette rosate? Sorella, dove sono finite le verdi lucertole estive? I grilli ed i giochi di scatti? Cosa hai provato quando il mostro ti ha colpito violento, strappandoti i colori, il gioco e la vita? Fratello, quanto grande è stata la tua tristezza, quando ti sei accorto che la forza di volontà ti non sarebbe bastata a raggiungere il fosso? O è stato il sollievo di sentir cessare il dolore?
Perché non rispondete?
Questo bianco mi acceca. E’ tanto intenso da far restringere le mie pupille in un minuscolo puntino di vuoto. Non riesco a vedervi! Questo bianco chirurgico è nebbia che sterilizza, pulisce, toglie il dolore, ma sbiadisce i fratelli.
Era una fredda mattina di dicembre, all’alba – ce la ricorderemo sempre perché era il giorno che chiamano Natale – e noi camminavamo insieme, vicini, lungo la linea del tempo che c’era data da vivere. Era ancora buio, era deserta la strada. I festeggiamenti della sera erano finiti, quelli del giorno ancora lontani.
Quando siamo stati abbagliatidalla luce improvvisa, nessuno di noi aveva idea che la linea del tempo potesse anche spezzarsi. Così siamo rimasti fermi, docili, aperti alla vita e alle sorprese.
Urto assordante, articolato e policromo. Frantumarsi di sogni e di piccole ossa. Quanti colori avete visto, fratelli, mentre uscivamo dalla linea del tempo? Il rosso spaventoso del sangue? Il giallo accecante dei nostri lampi di terrore? Il nero cupo della disperazione?
Poi il silenzio definitivo dei colori. Il bianco ha cominciato a salire, anestetizzante. E ha portato via il tempo.
Nel tempo, solo tre piccoli corpi, abbattuti sull’asfalto gelato. A scomparire nella brina, prima dell’inizio dei festeggiamenti.