Buon Natale Mark – Jack Chinasky
Non posso fare a meno ogni volta che mi sveglio di pronunciare preoccupata il suo nome, come se Mark, il mio bambino, potesse veramente muoversi dal letto d’ospedale nel quale l’avevo lasciato.
Mi devo essere addormentata mentre aspettavo Ted, devono esserci entrambi i genitori per festeggiare la vigilia, altrimenti il piacere che abbiamo chiesto ai dottori sarà inutile.
Cercare di tenerlo sveglio per un po’, di far resistere quel suo cuore malandato e bisognoso di un trapianto, per festeggiare la vigilia tutti assieme, per dargli una parvenza di un’infanzia a cui stava rinunciando da troppo.
Devo chiamare Ted, mi dirigo verso la porta solo per vederla aprirsi con violenza e sbattermi in faccia.
“Diana?”
Sento la presenza di varie persone intorno a me, mi stanno chiamando. Vorrei rispondergli ma non ci riesco.
Li vedo alzarmi una palpebra alla volta, mi puntano una luce contro la pupilla e mi invitano a muoverla, lo faccio eppure non sembrano soddisfatti del risultato.
Sono preoccupati, ogni tanto perdo una parola, ma lo capisco dal tono, sento pure la voce di Clint, è arrivato, e sembra il più preoccupato di tutti.
Voglio alzarmi, voglio dirgli che va tutto bene, è stato solo una botta da niente ma il mio corpo sembra voler rimanere in questo stato di morte.
La testa mi esplode, urlo così forte dentro di essa da pensare che fra poco vedranno uscire il sangue dalle orecchie.
Posso sentire tutto ma non posso farci niente, sono prigioniera, in attesa di qualcuno pronto a salvarmi da me stessa.
Mi portano via con una barella, riconosco il rumore delle ruote sul pavimento, e li sento fare diagnosi su di me, mentre qualcuno urla con disperazione scuse riguardo all’aver aperto senza bussare, è una donna.
Il desiderio d’alzarmi e rassicurare quella povera donna che come me è capitata solo nel posto sbagliato al momento sbagliato è grande, ma non posso, non posso nulla.
Sento il fiato di Clint su di me mentre mi dice che tutto andrà bene, sento il suo bacio prima di lasciarmi andare per degli esami.
Gli esami mi sembrano tanti e infiniti, alcuni dolorosi li sento tutti, e quando vengono a spiegare a Clint cosa hanno scoperto, lo scopro anch’io. Ho un aneurisma, una cosa vecchia e mai analizzata, che ha deciso d’allargarsi ed esplodere nella mia testa dopo la caduta di stasera. Mi devono operare, si rischia l’emorragia cerebrale.
Quando mi conducono in sala operatoria, sento qualcuno darsi gli auguri, deve essere la mezzanotte di Natale.
Sono da così tanto tempo nel buio più profondo della mia mente da non sapere nemmeno quanto tempo è passato dall’inizio di questo incubo, sento perfettamente i dottori intenti ad aprirmi il cranio e non posso fare nulla di più di cercare d’andar via coi pensieri.
Sento una scossa pervadere il mio encefalo e il buio si illumina, in preda a continui flash di luce.
Come se sognassi, mi ritrovo a guardare un uomo camminare in una vastità di verde diretto verso qualcuno o qualcosa.
Il mio sguardo lo segue fino ad un punto in cui l’erba comincia ad essere intervallata dalla presenza di lastre di marmo, da lapidi.
Lo vedo avanzare ancora un po’ e fermarsi davanti ad una lapide, è arrivato.
S’inginocchia davanti a essa e le sorride, sembra ci stia parlando come fosse una persona fino a che se ne va, porgendole un fiore e baciandone la sommità.
Il buio torna e con essa la terribile realtà delle ultime ore.
Deve essere successo qualcosa, li sento urlare e muoversi in gran fretta.
Improvvisamente sento tutta la stanchezza insieme, ho sonno.
Ma sono troppo impegnata a pensare a quella visione, a credere d’aver visto il futuro o perlomeno il futuro in cui voglio credere.
Quell’uomo era Mark, il mio bambino, e stava andando a salutare la tomba della donna che gli aveva salvato la vita col suo cuore. La mia.
Urlano intorno a me sono aumentate, evidentemente qualcosa di grave è successo.
Ma tranquilli, anche se sento il sangue scorrermi sulla fronte, non fa niente, non c’è più da preoccuparsi, davvero.
Le cose s’aggiusteranno, tutto andrà nel migliore dei modi. Ne sono convinta.
Mi chiedo solo se ora io stia piangendo anche fuori o solo dentro, in ogni caso sento ancora tutto il dolore delle lacrime.
Sono stata sveglia troppo tempo, è ora di dormire.
Mi spiace di non poterci essere per te, Mark, però la mamma ti ha fatto un grande regalo, il più bel regalo ti potesse fare.
Buon natale, Mark.