A Natale si pranza con la famiglia – Carlo Bovolo




L’auto, vista dalla vetrata panoramica della villa abbarbicata sulla collina, appariva piccola come un modellino per bambini. Sotto la copiosa nevicata, procedeva lenta, quasi affannosa sugli stretti tornanti che conducevano alla tenuta del Poggio. Hal Krantzer stava attendendo l’unica famiglia che aveva: suo fratello Rob, con la moglie Monnie e i due figli, Thomas e Melanie. La bambina era una capricciosa viziata, se non ricordava male, ma il ragazzo non era così male.
L’invito che aveva spedito un mese prima doveva aver sorpreso suo fratello: dopo la morte della madre e un brutto litigio non si erano più visti, Rob bloccato nella sua esistenza mediocre, Hal prima sempre in viaggi di affari, poi misteriosamente eremita nell’isolata villa del Poggio. Certo, il suo invito era stato letto come una mano tesa, per riappacificarsi. E quale migliore occasione se non il Natale?
Meticoloso, Hal aveva predisposto tutto, dalle decorazioni scintillanti alla tavola imbandita. Non gli restava che attendere i suoi ospiti.
Quando l’auto si fermò nel cortile coperto di neve, Hal era già sulla porta, pronto a ricevere i familiari. Si comportò da perfetto fratello, cognato e zio: abbracciò Rob, baciò su entrambe le guance la cognata, fu caloroso con i nipoti. Dopo di che li fece entrare nell’imponente villa vittoriana. Nel salone d’ingresso, Violet, la cameriera e in passato sua amante, fino a che i piaceri carnali non lo ebbero stufato, accolse i nuovi arrivati con un sorriso teso e incerto. Hal le lanciò uno sguardo feroce, del quale solo la governante si accorse. Violet, presi in consegna i cappotti, si ritirò, asciugandosi fugacemente una lacrima. Hal valutò che se non si fosse data un po’ di contegno avrebbe guastato il Natale. Quella sera avrebbe dovuto punirla.
Una volta seduti a tavola, Violet incominciò a servire le molte portate, pietanze calde e abbondanti, tipicamente natalizie. Il buon cibo rilassò un po’ la tensione tra i due fratelli. Le conversazioni si spostarono da frasi di circostanza sul tempo, sulla neve, sulla crisi economica, a ricordare i bei tempi di gioventù, a ristabilire un’antica solidarietà. Tra i due fratelli, uno scorbutico e misantropo, l’altro semplice e bonario, il ghiaccio si stava lentamente sciogliendo. Anche Hal si stava divertendo e era felicemente colpito dall’intelligenza del nipote.
«Sai,» disse Rob mentre veniva servito il digestivo «all’inizio ero un po’ preoccupato dal tuo invito. Voglio dire, erano anni che non ci sentivamo, dopo che la mamma se ne è andata. Però sono contento di avere accettato. È uno dei più bei pranzi di Natale da diversi anni» concluse sorridente, cercando l’approvazione della moglie e di Hal.
«Sicuro. Sarà davvero un bel Natale» disse Hal, prima di scolare il suo rum.
«Mamma, papà, zio Hal, voglio vedere la casa, voglio vedere tutte le stanze» strillò la bambina.
«Melanie, non so se…» stava dicendo la madre, ma Hal la interruppe: «Ma certo, era proprio mia intenzione farvi visitare il Poggio. Prego, seguitemi.»
Hal si accorse che Violet si era dileguata. Tanto meglio, pensò, così non avrebbe messo i bastoni tra le ruote. Li portò innanzitutto nelle camere del secondo piano, poi nella ricca biblioteca, perfino nel suo studio, spoglio, a eccezione di una sobria scrivania, su cui erano sparsi centinaia di fogli.
«E ora le cantine» annunciò Hal, scendendo le ripide scale, illuminate fiocamente.
Al fondo degli scalini, dopo un paio di metri, si ergeva una cancellata metallica. Alcune sbarre erano rose dalla ruggine, altre erano deformate, come se fossero state piegate da una forza sovrumana. Estratta dalla tasca una vecchia chiave, Hal aprì il cancello, poi da perfetto gentiluomo, fece gesto alla famiglia di procedere prima di lui.
Quando anche Rob ebbe attraversato la cancellata, con un gesto improvviso, Hal sbatté con forza il cancello, serrando il chiavistello.
«Hal, che stai facendo? Non è divertente…» disse Rob, ma si interruppe quando guardò in viso il fratello. Un ghigno terrificante gli era comparso in volto, un lungo filo di bava gli colava sul mento.
Come un invasato Hal gridò: «Ecco, sono qui, te li ho portati. Quattro, due adulti e due teneri bambini. Buon Natale, padrone!»
Soddisfatto di aver portato a termine la sua missione, prese a risalire le scale.
Rob continuava a scuotere le inferriate, urlando al fratello di tornare in sé. La bambina piangeva, abbracciata alla madre. Il ragazzo, Tom, fu il primo a accorgersi che dall’oscurità alle loro spalle qualcosa stava avanzando.
Arrivato in cime, Hal udì le grida disperate. Si fermò a ascoltare per una decina di minuti, le urla, i pianti, i rantoli di morte, la carne lacerata, le ossa frantumate, il rumore del padrone intento a cibarsi.
Hal sperò che il padrone fosse riconoscente per quel regalo natalizio, una volta terminato il pasto.
Hal sperò che il padrone fosse così riconoscente per quel regalo succulento, da lasciarli almeno un piccolo pezzo di tenera carne umana. Magari dell’odiosa bambina. D’altronde, il miglior Natale è quello in cui si pranza con la famiglia.



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