A casa per le feste – Michele Protopapas




«E’ questo l’autobus per St. Louis?»
Ma certo! Faccia presto a prendere posto che mancano due minuti a mezzanotte, stiamo per partire!» rispose seccato il magrissimo conducente che già stava allacciando la cintura di sicurezza.
Ted percorse velocemente il corridoio del bus dirigendosi verso la sedia 23A, come scritto sul biglietto comprato poco prima. Il bus era pieno e il suo posto spiccava perché era uno dei pochi rimasti liberi: posizionato dalla parte del finestrino e proprio al centro della vettura.
«Mi scusi, mi permette di sedere?»
Il corpulento uomo che sedeva al posto 23B si alzò, sorridendo cordialmente.
«Va a St. Louis? Io, invece, proseguo per Chicago» chiese una volta che Ted aveva preso posto.
«Già, torno a casa per le feste!»
«Allora è stato fortunato a trovare questo biglietto! Non so se ha visto, ma tutti i voli erano pieni.»
«Lo so, ma la società per cui lavoro sino a ieri non aveva ancora accettato la mia domanda di ferie e non ho potuto prenotare in tempo nessun volo.»
«Anche io lavoro per una multinazionale, gli ho dedicato la mia vita, ma loro chiedono sempre di più, se potessero si prenderebbero pure l’anima! Quest’anno però torno anche io dalla mia famiglia per Natale!»
«Anche la società per cui lavoro io mi ha fatto fare cose orribili, ma il lavoro è il lavoro!»
«Lo vede questo? – esclamò poi l’uomo robusto estraendo un piccolo pacco infiocchettato – È per la piccola Kate, la mia nipotina!»
«Ottimo!» si limitò a rispondere Ted, che evitò di commentare il fatto che quel pacchetto era tutto ammaccato e coperto di polvere e grasso.
«Anche io avrei voluto comprare qualcosa per i miei figli – riprese dopo un po’ -, ma proprio stamattina mi hanno rapinato. Per fortuna mi sono ritrovato qualche banconota in tasca e un volantino di questa compagnia di bus!»
«Si parte!» gridò l’autista che poi spense le luci, accese l’autoradio e partì. La luce accecante della stazione dei bus lasciò posto a quella soffusa dell’illuminazione cittadina e, poi, al buio dell’autostrada. Ted pensò di appisolarsi, ma la musica dell’autoradio lo disturbava.
«Mi scusi, autista – gridò ad un certo punto – potrebbe abbassare un po’ il volume dell’autoradio!”
«Mi aiuta a tenermi sveglio» gridò a sua volta l’autista per farsi sentire.
«Ma prima gli Iron Maiden, adesso i Black Sabbath, almeno metta della musica più adatta, tra qualche giorno è Natale!»
«Io non vengo a dirle come fare il suo lavoro – rispose l’autista – inoltre quando guido amo ascoltare Heavy Metal, mi piacciono le canzoni che trattano della mia quotidianità!»
«Ma noi vorremmo dormire un po’!»
«D’accordo!» poi borbottò qualcosa e abbassò il volume della radio che in quel momento trasmetteva gli AC/DC. Ted chiuse gli occhi nel tentativo di appisolarsi, nonostante il suono elettrico di Highway to Hell che continuava ad uscire dalle casse.
Il suo tentativo durò pero poco, un certo tipo di angoscia sembrava togliergli il fiato e poco dopo anche una fastidiosa puzza di cadavere lo distolsero dal dormire.
Anche l’uomo corpulento sedutogli accanto non dormiva.
«Sente anche lei questo odore?» gli chiese immediatamente Ted.
«Certo che la sento! Stavo proprio cercando di capire cosa fosse, forse c’è qualche ratto morto sotto le nostre sedie»
«Aspetti che controllo!» riprese Ted, e accese la piccola lampada da lettura posta sopra le loro poltrone. Poi iniziò a chinarsi, ma mentre si abbassava vide che il maglione del suo vicino era strappato in più parti e mischiava all’originario rosso natalizio con cui era stata colorata la lana il rosso scuro, quasi marrone, del sangue coagulato.
«Ma sta bene? – chiese immediatamente Ted – Sta sanguinando!»
L’uomo si guardò e nel suo già pallido viso si dipinse una espressione di terrore, poi ancora sconvolto, con un filo di voce si rivolse a Ted.
«Si guardi anche lei, ha un buco nella camicia proprio in pieno petto!»
Ted si guardò e vide la sua bianca camicia colata di sangue. Subito la tolse e notò in pieno petto un foro. Controllò la gravità della situazione infilando un dito al suo interno; sentì la carne e le ossa, poi lentamente lo spinse sempre più dentro sino a riuscire ad inserirlo del tutto. Come un onda anche le luci di lettura degli altri viaggiatori si accesero e tutti iniziarono ad urlare.
«Ci porti all’ospedale! – gridò qualcuno all’autista – Stiamo male!»
«Tranquilli che non state male» rispose questo attraverso il microfono
Qualcuno tentò di alzarsi.
«Tutti Seduti! – gridò con voce sovraumana il conducente – Credete di stare male? Avete dolore? Controllate i vostri battiti e calmate la respirazione, poi ditemi come va!»
«Non respiro!» urlò qualcuno, «Il mio cuore non batte!» esclamò qualcun altro.
«Forse adesso iniziate a capire! Ormai l’ospedale non vi serve più! Se state calmi e in silenzio vi spiego!»
Subito tutti tacquero.
«Adoro le feste – riprese il conducente – siete tutti indaffarati a finire i vostri lavori per tempo e venite drogati dalle luci e dai dolci che neanche vi accorgete di essere morti. Di solito devo darvi la caccia, e non mi volete seguire neanche dopo che le proiezioni dei vostri corpi iniziano a marcire come i vostri cadaveri sottoterra, ma sotto le feste basta inventare un viaggio a basso costo, o un invito per una cena con cabaret o per la prima di un film al cinema e ci cascate subito. Se guardate fuori vedrete che siamo quasi arrivati!»
Il deserto era illuminato dal rosso delle fiamme che si sprigionavano dalle crepe del terreno e, sempre più fitti, si vedevano ai bordi di quella strada rettilinea alberi secchi coi rami che sembravano fatti d’ossa sembravano chiudersi sulla strada.
«Ma io avevo promesso di essere a casa per le feste!» riuscì a dire Ted nonostante fosse bloccato dal terrore.
«Tranquillo amico mio – rispose l’autista – secondo me ce la farai!»
Il funerale di Ted si svolse proprio la vigilia di Natale.
«Avete visto bambini? – disse la moglie ai figli mentre calavano la bara nella fossa – vostro padre ha mantenuto la promessa, è riuscito a essere a casa per le feste!»


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